Istat: nel 2022 occupazione in aumento e meno Neet
Dai dati dell’ultimo report dell’Istat sui livelli di occupazione e ritorni occupazionali del 2022 emerge come sia in aumento l’occupazione ma si registri un calo del vantaggio che avere una laurea garantisce rispetto al diploma per l’ottenimento di un lavoro.
Nella fascia 25-64 anni il tasso di occupazione è in aumento, tra il 2021 e il 2022, di 1,3 punti percentuali per chi ha un titolo universitario e di due punti per i livelli di istruzione medio-bassi. La conseguenza è una leggera diminuzione del differenziale tra i tassi di occupazione dei laureati e dei diplomati.
Nel 2022, infatti, il tasso di occupazione dei laureati è pari all’83,4%, valore superiore di 11 punti a quello dei diplomati (72,3%) e di 30 punti a quello di chi ha conseguito al più un titolo secondario inferiore (53,3%).
È evidente il vantaggio occupazionale dell’istruzione ma, in Italia, le opportunità occupazionali rimangono più basse delle medie europee anche per i laureati.
Donne più istruite, ma il gap di genere persiste
Nel nostro paese le donne sono più istruite degli uomini: il 65,7% della fascia 25-64 anni ha almeno un diploma (tra gli uomini la quota si ferma al 60,3%) e le laureate arrivano al 23,5% mentre gli uomini sono il 17,1%. Questa situazione, però, non è sinonimo di vantaggio lavorativo per le donne: il tasso di occupazione femminile, infatti, è molto più basso rispetto a quello maschile (il 57,3% contro il 78%) e il divario di genere ha registrato un aumento nel 2022.
La diminuzione dei divari occupazionali si verifica quando il livello di istruzione aumenta, poiché i tassi di occupazione delle donne aumentano in misura maggiore rispetto a quelli degli uomini: il tasso di occupazione tra le laureate è di 18,4 punti superiore a quello delle diplomate (soli 5,1 punti tra gli uomini); tra le diplomate è di 25,8 punti più elevato di quello tra le donne con al massimo la licenza media inferiore (14,3 punti tra gli uomini).
Sud e Centro-nord, differenze di istruzione e occupazione
Spostandosi sulle differenze territoriali, i cittadini nella fascia 25-64 anni residenti nel Mezzogiorno sono meno istruiti rispetto a quelli del Centro-nord: il 38,1% ha il diploma di scuola secondaria superiore e il 16,8% ha raggiunto un titolo universitario, mentre, nel Nord e nel Centro, circa il 45% è diplomato e più di uno su cinque è laureato. Il divario territoriale nei livelli di istruzione riguarda sia uomini che donne, sebbene sia più evidente nel genere femminile.
A Sud, il tasso di occupazione è molto più basso che nel resto del Paese e il tasso di disoccupazione è molto più alto anche tra chi ha un titolo di studio più elevato: il tasso di occupazione dei laureati è pari al 75,1% (12,6 punti inferiore a quello del Nord) e quello di disoccupazione al 6,7% (superiore di quattro punti al Nord).
Nonostante ciò, nel Mezzogiorno, i vantaggi occupazionali dell’istruzione sono maggiori rispetto al Centro-nord soprattutto tra le donne con un titolo universitario.
Il lavoro dei giovani che lasciano gli studi
Nel 2022 il tasso di occupazione dei giovani che lasciano gli studi (i cosiddetti Elet, Early Leaver from Education and Training) è pari al 39%. Tra il 2021 e il 2022 si assiste a un marcato aumento, circa +5,5 punti percentuali. Il tasso di occupazione degli ELET rimane tuttavia piuttosto limitato ed è inferiore di circa sette punti a quello medio europeo (pari al 45,8%).
L’assenza di opportunità educative comporta, dunque, una sfida maggiore nell’inserimento nel mercato del lavoro. Tra i giovani nella fascia 18-24 anni che hanno conseguito una qualifica o un diploma, il tasso di occupazione è di 18,7 punti superiore a quello degli Elet ed è più bassa la quota di non occupati tra quanti sono disponibili a lavorare. Tra le giovani che hanno abbandonato gli studi il tasso di occupazione è molto più basso di quello dei coetanei maschi e il divario di genere raggiunge i 22 punti (era di 14,3 punti nel 2018).
Il vantaggio femminile registrato circa gli abbandoni scolastici precoci si annulla a causa della difficoltà delle donne a inserirsi nel mondo del lavoro che si traduce spesso in forme di esclusione sociale.
Nel Sud Italia, dove si registra la percentuale più elevata di giovani che interrompono la formazione precocemente, si associa a un livello di occupazione inferiore (27,9%, contro 49,8% del Centro e 48,9% del Nord); il forte aumento osservato nel 2022 per il tasso di occupazione degli Elet ha coinvolto soltanto il Nord e il Centro ampliando il divario a sfavore del Mezzogiorno.
La quota di Neet scende ai livelli pre-crisi
I giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono più inseriti in un percorso scolastico o formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa, i cosiddetti Neet (Neither in Employment nor in Education and Training), vivono un rischio di esclusione dal mercato del lavoro che aumenta al crescere del tempo trascorso in questa situazione. La preoccupazione verso questi giovani è molto alta a livello europeo e gli aspetti del fenomeno, le forti criticità e le possibili azioni di intervento sono oggetto di raccomandazione da parte del Consiglio dell’Unione europea.
In Italia, la quota di NEET sul totale dei 15-29enni, stimato al 19% per il 2022, ritorna al valore del 2007 (il 18,8%) che riassorbe il forte aumento scaturito dalla crisi economica mondiale (26,2% nel 2014), ma che nell’UE è inferiore soltanto a quello della Romania (19,8%) e decisamente più elevato di quello medio europeo (11,7%), di quello della Spagna (12,7%), Francia (12,0%) e Germania (8,6%).