Wellbeing revolution: perché alle aziende conviene rendere felici i lavoratori
In un bellissimo articolo del The New Yorker, Cal Newport sostiene che stiamo passando (o forse siamo già passati) dall’era delle Grandi Dimissioni a quella del Grande Esaurimento. Siamo stanchi. E a questa stanchezza concorrono numerosi fattori: la gestione di agende sempre più complesse, lo sbilanciamento tra tempi di vita e lavoro, la ridondanza delle comunicazioni (molte delle quali istantanee), il disallineamento valoriale rispetto al contesto in cui lavoriamo, e potremmo andare oltre. Insomma, in questo malessere diffuso, le aziende hanno una grande responsabilità. Ma al contempo, hanno l’opportunità di generare un nuovo circolo virtuoso, tra business e benessere. Un’onda che Alberto Ronco ed Eleonora Valè definiscono “Wellbeing Revolution”, intitolando così il libro pubblicato da Ayros Editore, a cura di Matteo Sola, in cui spiegano come accelerare il passaggio epocale all’era della People Centricity, della centralità umana.
I due autori – rispettivamente CEO e psicologa del lavoro di Trainect, realtà che aiuta le aziende a migliorare e monitorare il benessere dei lavoratori – partono da una domanda chiave: ha senso che un’azienda si preoccupi non tanto, e non solo, del profitto e delle performance, ma anche del benessere del proprio capitale umano? La risposa arriva dai numeri: il tempo che passiamo al lavoro occupa la maggior parte delle nostre giornate (in media trascorriamo 90.000 ore della nostra vita a lavorare), perciò non possiamo pensare che il tema del benessere possa essere trascurato nella vita lavorativa o ritenuto un “affare” attinente alla sola vita privata delle persone. Eppure, per diversi anni è stato così. Per questo servono lenti nuove per affrontare il problema, creando una cultura del lavoro sana, positiva e appagante tramite l’ascolto, il feedback e l’esempio concreto.
Seguendo questo approccio, appare chiaro come il benessere aziendale sia un elemento cruciale per la produttività, l’engagement dei dipendenti e la cultura organizzativa. Secondo Forbes, infatti, l’Employee Well-Being è al primo posto nella top 10 dei nuovi trend del mondo del lavoro: questo perché investire nel benessere dei lavoratori porta benefici concreti che vanno dalla riduzione del turnover all’attrazione dei migliori talenti (e sappiamo quanto il tema dell’attrattività sia oggi cruciale per le imprese). A confermarlo sono le testimonianze di diverse aziende, anche italiane: Olympus Italia, Iliad, Talent Garden, Unilever, OneDay, LinkedIn, Chiesi Farmaceutici, e molte altre, raccolte dagli autori a dimostrazione di come il corporate wellbeing per molti sia già realtà. Secondo l’Employee Wellness Industry Trends Report, infatti, il 90% dei datori di lavoro ha già aumentato i propri investimenti in iniziative per la salute mentale, il 76% in programmi di gestione dello stress e resilienza e il 71% in attività di mindfulness e meditazione.
Seguendo le orme di aziende pioniere che hanno applicato alle loro organizzazioni dei radicali cambi di paradigma, abbandonando l’impostazione taylorista, potremo scoprire (tutti e tutte) un nuovo modo di fare impresa. «Davanti a questo cambiamento – avvertono gli autori – abbiamo due scelte: o semplificare la realtà, continuando a incasellarla in rigidi schemi e perdendo l’occasione di evolvere e “ri-e-voluzionare” il mondo del lavoro, oppure approcciare il tema con il giusto mindset, per cogliere le opportunità dietro al cambiamento». Se non ora, quando?