Sostenibilità e digitale: l’inquinamento invisibile del web

Internet ha ridotto le distanze geografiche e reso democratico l’accesso a innumerevoli risorse e informazioni ma ha anche un costo nascosto che spesso sfugge alla percezione collettiva e si tratta proprio dell’impatto ambientale. Se Internet fosse un Paese sarebbe il quarto più grande inquinatore al mondo, preceduto solo da Cina, Stati Uniti e India.

Il digitale, infatti, richiede un’enorme quantità di energia per poter funzionare in modo adeguato: il consumo energetico riguarda sia la carica quotidiana dei nostri dispositivi elettronici (smartphone, tablet, PC) sia l’alimentazione di server e data center. Secondo uno studio dei ricercatori dell’Università cinese di Wuhan pubblicato da Nature, le emissioni di CO2 del settore digitale aumenteranno del 775% entro il 2040, passando dall’1,6% del 2017 al 14% del totale.

Si tratta di numeri impressionanti, considerando ad esempio che il traffico aereo produce circa il 2,4% delle emissioni globali di CO2, sulla base dei dati condivisi dall’International Council on Clean Transportation (ICCT). Tra le cause principali di questa crescita della CO2 digitale si annoverano lo sviluppo di tecnologie avanzate come l’Intelligenza Artificiale, che richiede un considerevole consumo di energia per elaborare calcoli complessi, e lo smaltimento dei dispositivi tecnologici che, oltre a contribuire alle emissioni di gas serra, presenta rischi ecologici derivanti da sostanze pericolose come il piombo e il mercurio.

Benché non vi sia ancora una consapevolezza diffusa del tema, ogni azione che compiamo online, dall’invio di una mail, allo scrolling sui social media, comporta la diffusione di anidride carbonica nell’atmosfera. La società inglese Compare the Market ha da qualche tempo messo a disposizione un calcolatore automatico dell’impronta di carbonio dei social media chiamato Greenspector, stilando una classifica delle piattaforme più inquinanti.

In cima alla lista si colloca TikTok, con un impatto carbonico pari a 2,63 grammi di CO2 per ogni minuto trascorso dagli utenti a scrollare i video verticali. Con soli 5 minuti al giorno spesi su TikTok, un singolo utente produrrebbe 13 g di carbonio, per un totale di 4,8 Kg all’anno. Per quanto TikTok sia, secondo questo calcolatore, il più dannoso, nessun social media è climaticamente neutro.

La buona notizia è che numerose sono le buone pratiche che sia le aziende che i singoli individui possono mettere in campo per abbattere gli sprechi. Ad esempio, per essere cittadini digitali responsabili basta seguire semplici accorgimenti come ridurre la luminosità dello schermo, disattivare la fotocamera nelle videochiamate quando non è necessaria e caricare meno selfie, godendosi di tanto in tanto i benefici della disconnessione.

Per quanto riguarda le imprese, alcune azioni da perseguire sono:

  • l’uso di servizi green di hosting web, che sono alimentati da fonti rinnovabili e adottano misure sostenibili come l’ottimizzazione dell’efficienza energetica dei loro server;
  • la scelta di strumenti di green web check che valutano l’impronta ecologica di un sito, identificando soluzioni per minimizzare l’impiego di risorse;
  • l’ottimizzazione delle performance del sito web in termini di velocità di caricamento e reattività, con un miglioramento dell’esperienza utente e una riduzione del consumo di energia;
  • l’attenzione all’architettura informativa, ovvero alla progettazione e organizzazione dei contenuti in modo che siano facilmente accessibili e reperibili dagli utenti (content findability). Questo limita il numero di clic e pagine caricate per trovare le informazioni desiderate, riducendo lo spreco energetico;
  • il focus su un livello ottimale di usabilità del sito su tutti i dispositivi e in varie condizioni di banda, richiedendo così meno risorse ed energia per la navigazione.

In ottica di sostenibilità, i principali elementi di un sito web su cui intervenire sono:

  • le immagini, utilizzando per esempio il formato webP sviluppato da Google, che consente una grande percentuale di compressione rispetto a formati tradizionali come il png e il jpeg, senza perdita di qualità, nitidezza e informazioni;
  • i video, riducendone il numero e la durata per minimizzare il consumo di energia associato al loro caricamento e riproduzione. Va inoltre evitata la modalità autoplay che, oltre a sprecare energia, risulta fastidiosa e non accessibile per gli utenti con disabilità;
  • le font, preferendo quelle di sistema che non richiedono il download ulteriore di risorse. In alternativa, è possibile utilizzare servizi come Google Fonts o Adobe Fonts, che offrono una vasta gamma di caratteri e sono ottimizzati per le prestazioni web.

Promuovere la sostenibilità significa anche migliorare l’esperienza di navigazione dei siti web, garantendo che siano chiari, veloci e accessibili a tutti gli utenti, indipendentemente dalle loro esigenze e capacità.

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