Future-ready workers: in Italia solo il 5% dei lavoratori sono "pronti al futuro", secondo una ricerca di Adecco

I “future-ready workers” sono i lavoratori destinati a diventare la forza lavoro del futuro, perché possiedono le competenze, la mentalità e la flessibilità necessarie per fronteggiare le sfide dei prossimi anni. A definire questa nuova categoria è The Adecco Group nell’indagine “Global Workforce of the Future” 2024, che ha elaborato interviste a 35mila lavoratori di 27 Paesi e 20 settori industriali (si può scaricare qui).

Questi lavoratori “pronti al futuro” rappresentano tuttavia ad oggi un segmento di piccole dimensioni, quantificato nell’11% di coloro che hanno risposto al sondaggio, ma questa quota in Italia scende al 5%. Un numero ancora molto basso se rapportato a Paesi come India (35%) e Cina (25%) che dominano la classifica dei Paesi più preparati ad affrontare le sfide di domani.

I “future-ready workers” mostrano, secondo il report di Adecco, tre qualità fondamentali: la prima è l’adattabilità, cioè la capacità di adattarsi rapidamente a nuovi strumenti, processi e responsabilità; la seconda è la competenza tecnologica, caratterizzata da un approccio proattivo nell’utilizzo di strumenti digitali e dell’intelligenza artificiale per massimizzare la produttività; la terza qualità è la proattività, ossia quella naturale propensione a perseguire la crescita professionale attraverso l’acquisizione di nuove competenze e verso il costante aggiornamento sulle tendenze del settore.

Diventa dunque cruciale la formazione. Secondo la ricerca di The Adecco Group, infatti, il 91% dei “future-ready workers” dichiara di avere ricevuto dalla propria azienda un piano di sviluppo professionale personalizzato, rispetto ad una media globale del 51% dei lavoratori che non rientrano in questa categoria. Inoltre, il 99% dichiara di partecipare regolarmente a corsi di formazione sulla leadership, rispetto al 57% della media globale tra coloro che non rientrano in questa categoria.

La chiave di volta per favorire una crescita professionale risiede, a tutti gli effetti, nell’integrazione di strategie di upskilling e reskilling, oltre alla pianificazione di opportunità di crescita e attività che siano in grado di rispondere alle esigenze individuali, con una particolare attenzione alla trasformazione digitale e all’etica nell’uso dell’intelligenza artificiale.

«Con il giusto supporto e investimenti mirati, le aziende possono coltivare un ecosistema di talenti resilienti e preparati all’evoluzione – commenta Angelo Lo Vecchio, amministratore delegato di Adecco e presidente di The Adecco Group in Italia –. In un momento in cui due terzi dei leader aziendali a livello globale pianificano di reclutare talenti per competenze legate all’intelligenza artificiale, piuttosto che formare i team esistenti per fornire loro le giuste competenze, è sempre più necessario un approccio proattivo da parte delle aziende. Sostenere la crescita delle competenze internamente, non solo permette di migliorare la competitività aziendale, ma contribuisce a colmare il divario di competenze, riducendo i costi e aumentando la fedeltà dei dipendenti».

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