Logos e impresa / 2: le competenze filosofiche strategiche per i business

“Quando le persone si sentono responsabili delle proprie idee, è più probabile che lo siano anche delle proprie azioni”. Le parole della filosofa americana Martha Nussbaum rappresentano il fil rouge del libro “Allenare il pensiero pratico: Le competenze filosofiche per le persone e le organizzazioni”, redatto da Stefania Contesini, formatrice, consulente e coordinatrice della Philosophy and Business Unit (PBU) dell’Università Vita-Salute San Raffaele. La pubblicazione è stata al centro di uno dei “Dialoghi tra Filosofia, Economia e Società”, indetti dalla PBU, cui hanno partecipato, insieme all’autrice, Roberto Mordacci, filosofo e professore ordinario di Filosofia Morale e Marco Lazzoni, senior advisor che vanta una ventennale esperienza in ruoli dirigenziali presso multinazionali come Man Truck e Bus Italia, Volvo e Mercedes-Benz.

Le personalità coinvolte nel dialogo testimoniano, con la loro diversità di background e competenza, la volontà di costruire un ponte tra filosofia e business, favorendo uno scambio proficuo tra due mondi solo apparentemente distanti. Uno degli aspetti che li accomuna è l’esercizio del pensiero pratico, ossia quella capacità riflessiva che dirige, migliora e potenzia l’azione sia in ambito personale che professionale. Nonostante nelle imprese viga ancora il “mito del fare”, contrapposto all’attività speculativa, spesso associata alla filosofia, le organizzazioni sono già luoghi di pensiero: alla filosofia spetta il compito di farlo emergere dalla sua dimensione tacita, fornendo gli strumenti per affinarlo e allenarlo, al fine di migliorare l’efficacia dell’azione.

Nei contesti organizzativi è essenziale restituire rilevanza al ruolo del pensiero, poiché dietro ogni azione orientata a uno scopo c’è un’idea, una visione, un’emozione. Se in alcune circostanze procedere con il pilota automatico funziona, in altre, più complesse – come quelle dettate dalla trasformazione digitale e green – occorre prendersi cura del pensiero ed allenarlo affinché diventi ben formato, rigoroso e capace di autocorreggersi, per potenziare ulteriormente l’azione.

Nella sua trattazione, la docente Contesini identifica quattro declinazioni del pensiero pratico, definite competenze filosofiche. Sebbene non siano appannaggio esclusivo della filosofia, questa disciplina le ha costantemente esercitate nel corso della sua storia millenaria. Queste competenze, tra loro correlate, sono pensiero critico, creativo, emotivo-razionale ed etico. Il nesso con il contesto organizzativo è evidente: si tratta delle principali soft skill che le aziende ricercano nei nuovi talenti e che puntano a sviluppare, tramite percorsi dedicati di formazione, nelle proprie risorse. Sebbene il perimetro delle soft skill strategiche per le aziende sia circoscritto e condiviso, non esiste un modo univoco di intenderle. La filosofia può contribuire a colmare questa mancanza di uniformità, offrendo un linguaggio comune, che aiuti le organizzazioni a fare chiarezza sui significati di queste competenze.

L’applicazione concreta delle quattro forme di pensiero pratico implica:

  • porsi domande sul senso e sul valore ultimo delle proprie azioni;
  • esplorare nuove modalità per svolgere le attività;
  • considerare l’influenza della dimensione affettiva su giudizi, comportamenti e relazioni;
  • riflettere sui valori che ispirano e guidano il proprio operato.

Questo approccio è cruciale nello scenario attuale, che richiede un’innovazione responsabile e la creazione di nuovi modelli di business in grado di promuovere maggiore equità e responsabilità.

In definitiva, ciò che ci insegna una lunga tradizione filosofica, a partire dal filosofo greco Aristotele, è che, per quanto sussista una distinzione tra pensiero speculativo e pratico, la prassi deve essere riflessiva. Trasposto nelle organizzazioni, questo concetto comporta una riflessione non solo sul proprio operato, ma anche sul proprio modo di pensare. Secondo l’ex manager Lazzoni, si tratta di un punto dolente per le grandi organizzazioni, dove il pensiero tende spesso alla semplificazione, determinando un appiattimento che inficia la capacità di innovare, sempre più di dominio delle startup.

Nelle imprese restano solo convenzionalità ed efficienza, con un impatto sui livelli di motivazione delle persone. Per sentirsi incentivati e stimolati, infatti, sono necessari uno scopo chiaro e condiviso, autonomia e padronanza del proprio ruolo, che un pensiero automatico non permette di coltivare. Al contrario, allenare il pensiero pratico consente di acquisire una conoscenza profonda delle proprie competenze, del processo decisionale, di come le scelte vengono tradotte in azioni, valutandone intenzionalità e conseguenze. È questa la vera sfida dei leader-filosofi: coniugare rigore critico, creatività, dimensione emozionale ed etica per guidare un cambiamento consapevole, che abbia inizio da loro stessi.

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