Il lavoro che cambia, tra nuove competenze e alleanze intergenerazionali

Nel 2030 oltre un terzo della forza lavoro italiana sarà prossima alla pensione. Ma già oggi, il 38% delle imprese italiane fatica a trovare candidati con le competenze giuste (Unioncamere, Excelsior 2024). Cosa possono fare le imprese per affrontare questa doppia sfida? Che ruolo ha la formazione? E come colmare il “talent gap”? È partito da qui il tavolo di lavoro organizzato da GoodJob durante l’Innovation Training Summit di EFI – Ecosistema Formazione Italia e dedicato al doppio nodo del ricambio generazionale e del disallineamento delle competenze, con voci dal mondo delle imprese, della formazione e della consulenza.

«Generazioni diverse hanno approcci diversi al lavoro e alla formazione – ha spiegato Silvia Vitale, Area Manager di Hunters Group -: la generazione X, ovvero i nati tra il 1972 e il 1988, tengono molto alla crescita delle competenze, per i Millennials è fondamentale l’equilibrio vita-lavoro, mentre la Gen Z è più interessata a welfare, flessibilità e impegno sociale delle aziende. E cambia anche la modalità con cui si apprende: se la Gen X apprezza ancora l’aula, le generazioni più giovani preferiscono un mix tra formazione online e in presenza».

Una cosa, però, è chiara per tutti: la formazione continua non è più un’opzione, ma una condizione fondamentale per distinguersi. Vista la scarsa corrispondenza tra percorsi formativi e mercato del lavoro, che spesso costringe le imprese a mettere in stand by nuovi progetti, rallentando la propria competitività, c’è chi, come l’agenzia per il lavoro Orienta, investe in academy pre-assuntive, per formare i candidati affinché siano pronti a rispondere ai bisogni delle aziende. «Inoltre – aggiunge Federico Biazzo, Innovation & Training Manager di Orienta -, abbiamo iniziato a espandere i confini del recruiting con progetti internazionali in Paesi come in Nord Africa, in particolare per realtà che si occupano di infrastrutture e cantieristica».

Le difficoltà delle aziende, del resto, sono evidenti, specie di quelle che sono più affamate di talenti con elevate competenze digitali, come FiberCop e IBM. «Abbiamo un’età media in azienda molto alta, pari a 56 anni: per favorire il passaggio generazionale abbiamo attivato un’Academy interna e messo in campo diverse collaborazioni con ITS e università» – ha spiegato Maria Stella Iacobucci, HR Employer Branding Fiber Cop. Situazione diversa in termini di età ma non di skill gap per Seidor, system integrator che pur annoverando un pool di talenti under 30, investe in formazione con programmi strutturati, come evidenziato dal managing director Marco Secone, consapevole del fatto che lavorare con le nuove tecnologie e, in particolare con l’Intelligenza Artificiale, richiede una costante ridefinizione dei ruoli e un rinnovamento continuo delle competenze.

Ma la digitalizzazione se da un lato favorisce la competitività, dall’altro può esporre a nuovi rischi, per questo IBM ha creato la IBM Cyber Academy, come spiegato dal Chief of Operations, Pompeo D’Urso: «È fondamentale diffondere consapevolezza su questi temi, sono competenze trasversali fondamentali per tutti. Il reskilling spesso è visto come una montagna insormontabile, ma attraverso simulazioni immersive, corsi gratuiti e piattaforme aperte, possiamo aiutare le persone a reinventarsi anche in campi complessi come la cybersecurity».

Superare lo skill gap richiede sguardo di insieme e alleanze strategiche. È d’esempio l’approccio di Elis e del suo Consorzio, illustrato da Gianluca Sabatini: dal progetto “Distretto Italia” che riunisce 50 aziende per avvicinare formazione e mondo del lavoro alle attività portate avanti in Tunisia e Maghreb per formare talenti in loco, unitamente alle iniziative di orientamento attivate nelle scuole medie e superiori e messe a disposizione anche delle famiglie. Perché si possa parlare, anche a casa, di lavoro con consapevolezze evolute. Le stesse che andrebbero potenziate anche nelle aule dell’alta formazione.

Come ammesso da Valerio Mancini, direttore del centro di ricerca della Rome Business School, infatti, è indispensabile preparare meglio i giovani sulle competenze sia hard che soft più richieste, senza dimenticare il bacino di lavoratrici potenziali rappresentato dalle donne, ancora troppo spesso ai margini del mondo del lavoro. Skill gap e gender gap, infatti, non sono mai stati così (tristemente) vicini. Senza dimenticare la scommessa, forse, più grande: “train the trainer”, formare chi si occupa di formazione affinchè possa essere più allineato alle esigenze del mercato.

Del resto, l’apprendimento è una competenza a sé, come ha ricordato Edoardo Binda Zane, Future of Work Learning Consultant: «Per colmare davvero lo skill gap dobbiamo insegnare a imparare, lavorare sul pensiero critico, sulla creatività, sulla motivazione e sulla capacità di adattamento, perché sono queste le competenze che non ci renderanno sostituibili rispetto all’Intelligenza Artificiale».

Un ragionamento condiviso anche da Stefano Di Benedetto, esperto di soft skill, che ha invitato a rimettere al centro l’intelligenza emotiva, e da Nicholas Napolitano, business innovation specialist e formatore digitale, che ha sottolineato come promuovere la creatività e l’innovazione sia fondamentale per favorire l’integrazione tra generazioni diverse, anche attraverso la sperimentazione di attività strutturate di job shadowing. Per Cinzia Mezzetti, business partner di Piazza Copernico, proprio il ricambio generazionale, può diventare un’opportunità per condividere sapere ed esperienze, con piani di successione, mentoring e hackathon interni che valorizzano i nuovi profili. Innovare la formazione con survey, interfacce user friendly, modalità interattive e programmi personalizzati al fine di renderla sempre più coinvolgente ed efficace è, invece, la strada proposta da Kevin Guzzetti, co-founder di DIBS e Pietro Girolami, Key Account Manager di Speexx.

Perciò, da dove partire per riscrivere il nuovo corso della formazione? Come per tutte le più grandi sfide, la risposta è nei valori, come ricordato da Laura Profiri, Business Partner di OMM Business: «Apprendimento e crescita sono valori universali che attivano emozioni positive. Ripartiamo da qui per generare il cambiamento di cui abbiamo bisogno».

Il futuro del lavoro, in definitiva, non è scritto solo nei numeri, ma nelle scelte che persone, imprese e accademie faranno oggi. Unire generazioni, costruire alleanze tra aziende e formazione, valorizzare gli esseri umani nella grande trasformazione che ognuno di noi sta abitando è l’unica strada possibile. Una strada in salita ma che, se condivisa, sarà più semplice da percorrere.

Ti potrebbe interessare