Da Aristotele al guerrilla marketing: la retorica nella comunicazione digitale

Oggi, in un’epoca caratterizzata dalla pressione costante di mass e social media, con un sovraccarico di informazioni e stimoli visivi, la proliferazione di fake news e l’uso talvolta manipolativo dei dati, saper comunicare in modo efficace e riconoscere le tecniche persuasive è più cruciale che mai. Se la comunicazione è un fenomeno antico quanto la civiltà umana perché fondamento della convivenza tra individui, la retorica sembra avere una data di nascita collocabile nel V secolo a.C. in Sicilia.

L’etimologia della parola comunicazione (“cum”: insieme + “munus”: dono, compito) evidenzia il concetto di partecipazione e scambio di beni preziosi che implicano responsabilità. La retorica, invece, si riferisce nello specifico all’arte del discorso persuasivo che mira, con argomentazioni efficaci, ad ottenere un’adesione ragionevole, operata sia con la mente che con il cuore, le due dimensioni costitutive e inscindibili dell’uomo. Persino il filosofo greco Aristotele, teorico per eccellenza dell’argomentazione razionale, dedica tutto il secondo libro del suo trattato “La Retorica” alle emozioni dell’uditorio, delineando una vera e propria psicologia delle passioni umane, che giocano un ruolo chiave nell’influenzare le opinioni e orientare i giudizi, una conoscenza su cui fa ampia leva anche l’industria pubblicitaria.

Sebbene la rilevanza economica e la sofisticazione tecnologica siano del tutto estranee all’antica “arte del dire”, il canone classico della retorica, con il suo ricco bagaglio di tecniche e strumenti, continua ad offrire a ciascuno di noi risorse utili per pensare meglio e navigare con competenza e pensiero critico in ogni ambito della vita, sia pubblico che privato. La retorica, infatti, non serve solo a convincere, ma aiuta a connettere e interpretare le informazioni, costruire un ragionamento logico e strutturato per dimostrare una tesi, migliorare le capacità espositive. Nell’ottica di un dialogo attivo e partecipativo con la cultura classica, è importante assimilare, rielaborare e applicare le regole della retorica antica attraverso la lente del digitale, ormai parte integrante delle nostre esperienze personali e professionali.

Aristotele ci insegna che i diversi generi di discorso si distinguono per la natura del destinatario, lo scopo che si prefiggono, il tempo e il luogo in cui vengono pronunciati, anticipando di diversi secoli i principi della comunicazione strategica. Tra questi discorsi, il genere epidittico (celebrativo) e deliberativo (politico) trovano paralleli nelle moderne forme di comunicazione e pubblicità digitale.

Discorso epidittico

Il discorso epidittico, usato nell’antichità per esaltare virtù o difetti in cerimonie e commemorazioni, trova oggi un corrispettivo:

  • nelle campagne di branding, che enfatizzano valori e qualità di una marca;
  • nelle recensioni e testimonianze positive dei clienti, che elogiano prodotti o servizi influenzando la percezione del pubblico;
  • nei post ispirazionali su piattaforme come LinkedIn, che celebrano successi professionali, ispirando la community.

Discorso deliberativo

Il discorso deliberativo, che si svolgeva nelle assemblee cittadine per discutere ciò che era utile o dannoso per la comunità e persuadere i cittadini a prendere decisioni o compiere azioni future, può rispecchiarsi in diversi ambiti:

  • call-to-action di newsletter e email marketing che mirano a far compiere agli utenti un’azione specifica come l’acquisto di un prodotto o la partecipazione a un evento;
  • campagne di sensibilizzazione su tematiche sociali o ambientali volte a orientare i cittadini verso nuovi comportamenti e scelte consapevoli;
  • pubblicità di lancio di nuovi prodotti che invitano i consumatori a provarli, valorizzandone i benefici e la convenienza.

I fini del discorso

Oltre ai generi, Aristotele specifica che i discorsi hanno 3 principali fini: docere (insegnare), movere (emozionare), delectare (intrattenere). Lo scopo del contenuto è una voce immancabile in ogni piano editoriale che si rispetti e tuttora si utilizza questa suddivisione, distinguendo:

  • contenuti informativi ed educativi, come video tutorial, infografiche sui social media e articoli di un blog;
  • contenuti emozionali come una campagna social di una ONG per rafforzare l’ingaggio di donatori e sostenitori;
  • contenuti di intrattenimento come una video challenge su Tik Tok, un podcast con ospiti che raccontano aneddoti divertenti, una live Q&A su YouTube con un esperto di settore e giochi a premi per i partecipanti.

Le 5 fasi dell’oratoria

La creazione di un atto oratorio si articola in 5 fasi, valide e applicabili tuttora.

  1. Inventio, la ricerca delle argomentazioni: questa fase strategico-creativa, oggi, si svolge spesso durante sessioni di brainstorming per generare il maggior numero possibile di idee e identificare nuove soluzioni a un problema. Se gli antichi oratori ricercavano i “topoi” (luoghi retorici) ovvero schemi di pensiero versatili per esplorare tutte le possibili argomentazioni su un tema e comporre un discorso persuasivo, gli attuali professionisti cercano di individuare un concept efficace, ossia un tema portante che guidi e unifichi tutte le attività e i messaggi di una campagna, oltre a raccogliere gli asset verbali (copy) e visivi (immagini, grafiche) da utilizzare sui diversi canali di comunicazione.
  2. Dispositio, la disposizione dei pensieri nel discorso e delle parole nella frase. L’ordine con cui si espongono gli argomenti è rilevante anche sui canali digitali: basti pensare all’architettura informativa di siti e app, che mira a presentare i contenuti in modo semplice, coerente e di impatto per rendere più fluida l’esperienza di navigazione dell’utente e facilitare la comprensione e il reperimento delle informazioni di interesse.
  3. Elocutio, la scelta delle parole e dello stile della frase per rendere più coinvolgente la narrazione. Anche oggi, come nell’antichità, le figure retoriche giocano un ruolo importante. Non sono solo virtuosismi stilistici, ma aggiungono un contenuto di conoscenza, esprimendo l’inesprimibile o veicolando un concetto nuovo con immediata chiarezza. Oltre alle figure retoriche, i moderni strumenti consentono di combinare linguaggio verbale, visivo e sonoro e di sperimentare con un mix di formati per incrementare l’ingaggio di una storia.
  4. Memoria, il processo di memorizzazione di un discorso lungo e articolato da recitare in pubblico. Questa fase, tipica della tradizione orale antica, si riflette oggi nei richiami alla memoria dell’audience che si condensano nello slogan di uno spot o nell’hashtag di un post. Un altro esempio moderno riguarda il richiamo a risorse informative e/o di assistenza – come contenuti Tips & FAQ, guide e manuali – in alcune fasi dell’esperienza utente su un sito o un’app.
  5. Actio, la recitazione del discorso che include sia l’esposizione orale che la gestualità. Esempi moderni di performance comunicative impattanti e spettacolari includono installazioni sia fisiche che digitali in ambienti esterni o luoghi pubblici (Out of home) e azioni di guerrilla marketing, utilizzate dai brand per presidiare spazi non convenzionali generando sorpresa e ricordo.

In conclusione, la comunicazione e la pubblicità contemporanea non solo possiedono una struttura retorica ben definita, ma partecipano attivamente al recupero delle forme del canone classico, dimostrando come le tecniche oratorie antiche siano ancora fondamentali nell’era digitale.

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