Autunno, stagione di concorsi pubblici: nella PA 350 mila assunzioni entro il 2025
Con l’inizio dell’autunno riparte la stagione dei concorsi pubblici. Dalla Giustizia alla Difesa, passando per Inps, Affari Esteri e molti altri enti, l’obiettivo della pubblica amministrazione italiana è assumere 350 mila nuovi dipendenti entro il 2025. Un target ambizioso, ma indispensabile per mantenere efficiente ed efficace il sistema pubblico nazionale e locale.
Le problematiche per ripopolare e ringiovanire la dotazione di dipendenti pubblici restano infatti molteplici e toccano il ricambio generazionale, gli stipendi e una generale carenza di formazione. Elementi che rendono ancora troppo poco appetibile l’esercizio della professionalità in ambito pubblico soprattutto agli occhi di tecnici e specialisti.
La Ricerca FPA sul pubblico impiego del 2023 ricorda che, dopo un calo nel 2021, i dipendenti pubblici sono tornati a crescere nel 2022, con un incremento di circa 27.000 unità, per un totale di 3.266.180 lavoratori. Tuttavia, l’Italia continua ad avere un numero di impiegati pubblici inferiore alla media europea, con 5,5 impiegati ogni 100 abitanti, contro 8,3 in Francia e 8,1 nel Regno Unito. Sul breve periodo persistono le difficoltà nel reclutamento di tecnici e specialisti, fondamentali per affrontare le sfide del PNRR, e la competizione con il settore privato, che ha portato a una diminuzione dei candidati ai concorsi e a un aumento delle rinunce.
Un milione in pensione entro il 2030
Ma è sul medio e lungo periodo che i problemi demografici rischiano di ripercuotersi sul livello e sulla qualità dei servizi offerti. I dipendenti, infatti sono sempre più anziani. L’età media nel 2021 era di 50,7 anni, con un aumento significativo rispetto al 2001, quando era di 44,2 anni. I lavoratori sotto i 30 anni sono solo il 4,8%, e tra il personale stabile questa percentuale scende ulteriormente al 3,6%. Nei ministeri e negli enti locali, solo due dipendenti su 100 hanno meno di 30 anni, mentre oltre il 29% ha più di 60 anni, una disparità che rappresenta una sfida per il futuro della PA. Se poi ci aggiungiamo che secondo le stime ufficiali entro il 2030 circa un milione di dipendenti andrà in pensione – quasi un terzo della forza lavoro attuale – è chiara l’urgenza di procedere a ritmo serrato con le assunzioni.
Rispetto agli anni precedenti, dal 2021 le assunzioni sono infatti riprese in maniera significativa: 150 mila nel 2021, 170 mila nel 2022, altrettanti l’anno scorso, ma è chiaro in primis al Ministero per la Funzione Pubblica che tolti i vincitori di concorso che sono già dipendenti pubblici – tra il 9 e il 10% – i nuovi ingressi bastano appena a sostituire i pensionamenti e la crescente quota di dimissionari.
Difficile trattenere i talenti
La difficoltà di trattenere il personale, in particolare quello con maggiori prospettive di carriera, è data dai livelli retributivi e dalla tipologia di contratti. Gli stipendi nel pubblico impiego stanno faticando a tenere il passo con quelli del settore privato. Se nel 2009 il settore pubblico era in netto vantaggio in termini di retribuzione oraria, con un indice di 98 contro 88,8 del privato, nel 2022 i valori si sono quasi allineati (106,1 contro 105,4). Questa tendenza è ancora più evidente nei settori dell’Istruzione e della Sanità, dove il privato ha superato il pubblico. Quanto ai contratti, sono in costante crescita da oltre venti anni quelli a tempo determinato e il 68% dei contratti flessibili è concentrato nell’Istruzione e nella Ricerca, settori in cui i precari rappresentano il 30% del totale.
Spesa per la formazione in calo
C’è infine una forte carenza nella formazione. Dal 2008 al 2021, la spesa per la formazione dei dipendenti pubblici si è quasi dimezzata, passando da 301 a 158,9 milioni di euro. Il numero di giorni di formazione è sceso da 4,9 milioni a 2,9 milioni, meno di un giorno all’anno per dipendente. Nonostante questo, il numero di laureati nella PA è in crescita, con il 43,8% dei dipendenti in possesso di una laurea, un dato destinato ad aumentare, poiché il 90% dei concorsi richiede questo titolo di studio.
Tutti fattori, che sommati alla crisi demografica in atto, costringe la Pubblica amministrazione a rivolgersi al mercato del lavoro rinnovando metodi, comunicazione e pratiche per tenere a bordo il personale. Nell’era del talent shortage, l’idea del posto fisso non è più così allettante e la PA italiana rischia di essere il vaso di coccio tra concorrenti privati – italiani ed europei – che da tempo si sono attrezzati per attirare e trattenere le migliori risorse umane disponibili.
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