Campus, tutor, audit: è tempo di Inglesorum, il latino di ritorno nell’era del digitale (anche nel mondo HR)

Plus, summit, media, campus, bonus, sponsor, tutor, audit e la lista potrebbe continuare ancora a lungo.

L’ambito del business così come il mondo dell’informatica e del digitale, dove prevale l’utilizzo dell’inglese, sono impregnati di latinismi. Molti di noi li considerano parole inventate di recente oltremanica, invece si tratta della lingua di Cesare e Cicerone che riappare sotto una veste più moderna: solo per citare qualche esempio, il termine App deriva dal latino “applicatio” (inclinazione, attaccamento), computer da “computo” (calcolare) e user da “utor” (usare).

Il celebre linguista Gian Luigi Beccaria, membro dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia Nazionale dei Lincei, ha definito il latino un “mezzo di collegamento e di unione tra le differenti lingue tecniche, giuridiche, filosofiche, la matrice dei linguaggi scientifico-tecnologici, una sorta di collante della comunicazione universale”. La lingua italiana è diretta erede di quella latina: nel tempo, il lessico latino è andato a costituire gran parte del nostro patrimonio lessicale attraverso due principali modalità di trasmissione:

  • parole di tradizione ininterrotta che dal latino sono arrivate fino ad oggi attraverso continue trasformazioni, costituendo la base lessicale che comunemente usiamo nel parlato;
  • parole di tradizione colta o interrotta che, a differenza delle prime, sono giunte a noi in una forma “cristallizzata”, più vicina all’originale perché recuperate in ambiti dotti e reintrodotte in italiano senza sostanziali adattamenti.

Ci sono infine quelli che i linguisti chiamano latinismi moderni perché sono vocaboli riscoperti di recente che hanno attraversato popoli e contaminato culture diverse fino a ritornare a noi, restituiti proprio dall’inglese, che hanno, a loro volta, influenzato.

Forse non è a tutti noto che l’inglese, oltre ad aver veicolato, a partire dal Novecento, il maggior numero di parole straniere assorbite nel tessuto delle altre lingue (anglismi), ha svolto un ruolo chiave nel rimettere in circolazione diversi latinismi, in quanto è la lingua che più ha attinto al latino per il recupero e la coniazione di nuove parole, tanto da essere definita dal linguista Tullio De Mauro “la lingua più latinizzata del mondo non neolatino”.

Si tratta di veri e propri rimbalzi linguistici: latinismi diventati parole inglesi (spesso attraverso la mediazione di altre lingue come il francese) e poi accolte in italiano, talvolta con una mutazione di significato più o meno intensa rispetto all’antico. Ad esempio, il tutor identificava nel mondo latino il tutore e il difensore. La lingua inglese, forte del suo pragmatismo, ha declinato il significato originario del termine latino in una figura professionale ben precisa che troviamo oggi nel mondo accademico e lavorativo, in qualità di esperto che mette a disposizione le proprie conoscenze per guidare e supportare gli altri.

Le questioni più dibattute in merito a questi latinismi di ritorno riguardano: da un lato la pronuncia, con una discussione sempre viva tra chi difende la pronuncia latina e chi invece parteggia per quella anglicizzante (“si dice media o midia?”); dall’altro la formazione del plurale (“si scrive sponsor o sponsors?”).

Non è semplice dare una risposta onnicomprensiva su entrambi i fronti: per quanto riguarda il plurale, vige la norma secondo cui le parole straniere si mantengono invariabili (sponsor e non sponsors, considerando l’esempio di prima), a meno che non siano entrate nella nostra lingua già in forma plurale; rispetto alla pronuncia, è più comune che prevalga quella inglese se una parola circola non per via scritta ma attraverso i grandi mezzi di comunicazione sonori e audiovisivi. In questi casi, è l’uso a decidere in ultima istanza. A prescindere dall’esito, la conoscenza delle radici e della storia della nostra lingua resta un punto di partenza imprescindibile per capirne e tutelarne il valore e la ricchezza, pur abbracciando diversità e contaminazioni.

E dunque, se lavorando nel mondo del business e del digitale eri convinto fino ad oggi di conoscere solo l’inglese, ti sbagliavi: parlavi già fluentemente l’inglesorum.

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