Chiara Arosio, l’evoluzione dell’HR: persone al centro, tra welfare e innovazione
DigiLogos ha il piacere di ospitare Chiara Arosio, partner di Carter & Benson, Società Benefit e azienda leader nell’executive search e nella consulenza aziendale multisettoriale. Prima di avviare il suo percorso di carriera nel mondo HR, Arosio consegue un titolo di Laurea Magistrale in Scienze e Relazioni Internazionali e un Master specialistico in Digital Entrepreneurship. Dal 2010, entra a far parte di Carter & Benson, dove ricopre diversi ruoli sino a raggiungere i vertici della società. Con il suo team, si impegna a promuovere l’innovazione della cultura d’impresa, attraverso attività di consulenza ed head hunting, valorizzando le risorse umane e individuando talenti ad alto potenziale in ambito Executive e Middle Management.
Carter & Benson ha anticipato i tempi, introducendo il remote working già dal 2005 e adottando ufficialmente, nel 2021, la settimana lavorativa di 4 giorni, a parità di stipendio e benefit. Come si può coniugare crescita del business ed equilibrio tra vita privata e lavoro? Quali sono i principali benefici e le sfide affrontate in questo percorso?
Prima del periodo pandemico, il remote working era visto da molti come una possibilità distante. In Carter & Benson, invece, era già una realtà accettata e consolidata per incontrare le esigenze personali dei colleghi. Questo approccio lungimirante che anticipa i tempi riflette appieno la nostra cultura aziendale. L’introduzione della cosiddetta “settimana corta” ne è un altro esempio. Nell’accezione comune, si tende ad associare la settimana corta alla semplice riduzione delle giornate di lavoro, con il venerdì libero. Oggi, da noi è più opportuno parlare di “smart week”, un concetto che supera quello di settimana corta. Offriamo una proposta flessibile che consente a ogni dipendente di gestire durante i cinque giorni settimanali le trentadue ore lavorative, in funzione delle proprie necessità personali e familiari. L’attenzione si sposta dunque dalla quantità alla qualità, permettendo alle persone di lavorare meglio e trovare un equilibrio soddisfacente tra lavoro e vita privata.
Per il successo di questo modello sono fondamentali sia la fiducia dell’azienda, sia il senso di responsabilità e autonomia del singolo. È altrettanto cruciale incrementare la comunicazione all’interno dei team per garantire allineamento costante e una buona coordinazione delle esigenze di tutti, in vista delle priorità progettuali. La settimana flessibile include momenti di raccordo e confronto in presenza: dedichiamo almeno un giorno alla settimana al lavoro in ufficio per condividere idee e coltivare le relazioni. Crediamo che la crescita del business vada di pari passo con il livello di ingaggio e motivazione delle risorse. Quando i dipendenti si sentono partecipi, migliorano le performance, ottimizzano il tempo dedicato allo svolgimento delle proprie mansioni e dimostrano maggiore creatività nel trovare soluzioni ai progetti. Pur consapevoli che un calo della produttività è inevitabile, puntiamo a compensarlo con l’evoluzione tecnologica e nuove assunzioni. Questa visione abbraccia aspetti e parametri più qualitativi, come benessere e qualità della vita, che non sono sovrapponibili alle fatture e alla capacità di produrre. Abbiamo scelto di non cercare ad ogni costo di misurare i risultati dell’azione sul piano economico, ma di dare valore alla felicità delle persone.
Un altro aspetto che curiamo molto in azienda è il welfare, proponendo una vasta gamma di opzioni, che spaziano da corsi di lingua a sessioni di mindfulness. Periodicamente, veicoliamo delle survey di gradimento per raccogliere feedback e monitorare l’effettiva rilevanza delle iniziative rispetto ai reali bisogni dei dipendenti. Questi sondaggi hanno talvolta evidenziato un disallineamento tra i benefit offerti e le aspettative dei lavoratori più giovani. È importante acquisire consapevolezza di questo divario e cercare di colmarlo tramite ascolto ed interazioni costanti, per comprendere meglio le esigenze delle nuove generazioni, nonché attività di sensibilizzazione ed education, affinché le risorse siano consapevoli dell’impegno dell’azienda e lo valorizzino in modo adeguato.
Il talent shortage è una delle grandi sfide del mercato del lavoro. Qual è la visione di Carter & Benson su questo fenomeno? Quali sono le figure professionali più richieste e i settori in maggiore crescita?
In Italia il fenomeno del talent shortage ha subito un incremento del +120% negli ultimi dieci anni e rappresenta una delle principali sfide delle direzioni HR nel prossimo futuro. Lo confermano i risultati della ricerca dell’HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, secondo cui l’88% delle organizzazioni ha difficoltà nell’assumere nuovo personale. Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è principalmente legato alla carenza di competenze tecniche (57%) e soft skill (36%). I profili più critici sono quelli relativi all’area IT & Data Management.
Oltre al mismatch tra risorse disponibili e ruoli richiesti dal mercato, una delle cause principali del fenomeno è il progressivo invecchiamento della popolazione, che porta a una carenza di giovani talenti. Nel nostro Paese le nascite stanno vivendo una forte contrazione, dovuta a diversi fattori:
- crescente sfiducia verso le istituzioni, spesso percepite poco reattive al cambiamento e ancorate a regolamentazioni obsolete, che ostacolano invece di favorire l’evoluzione;
- mancanza di supporti adeguati ai neo-genitori per conciliare lavoro e gestione dei figli;
- inflazione, che, secondo l’Ufficio Studi Anief, tra il 2009 e il 2024 ha superato l’incremento salariale con un divario del 15,72%. Mentre il costo della vita è salito del 29,2%, gli stipendi sono cresciuti solo del 13,48%;
- divario tra la formazione offerta ai giovani, spesso di stampo ancora tradizionale, e le competenze richieste dalle organizzazioni.
Per quanto riguarda le figure professionali più ricercate e i settori in ascesa, il quadro è variabile. Ad esempio, da quando delocalizzare la produzione in Cina è diventato meno conveniente, sono tornati in auge i lavori artigianali, come quello sartoriale. Nonostante la volatilità dello scenario attuale, secondo un primo bilancio 2024 di Carter & Benson, alcune figure sono spiccate nel corso di quest’anno: Diversity & Inclusion e ESG (Environmental, Social, Governance) Manager; esperti Finance specializzati in analisi, reportistica, valutazione del rischio e operazioni di finanza strutturata; General manager di startup. In termini di settori, ITC (Information & Communication Technology) e Digital continuano ad essere ambiti effervescenti, così come l’Energy, trainata dalla crescita delle rinnovabili.
L’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando sia il recruiting che il futuro del lavoro. Come Carter & Benson utilizza i tool di IA per la ricerca e selezione del personale e quale impatto avrà l’IA sulle competenze richieste e sulle professioni del futuro?
L’Intelligenza Artificiale è un tema ormai di dominio comune che sta impattando trasversalmente tutti i settori, compreso il mondo HR. Strumenti sempre più avanzati vengono sviluppati e lanciati sul mercato per supportare le fasi di ricerca e selezione del personale. Attualmente, gli ambiti di utilizzo dell’IA sono prettamente operativi, per incrementare l’efficienza e l’efficacia del lavoro umano, liberandolo dai compiti più routinari e ripetitivi, così che le risorse possano dedicarsi ad attività di concetto, a maggiore valore aggiunto.
Nel nostro database, che include più di 300.000 professionisti, l’implementazione dell’IA agevola la ricerca, classificazione e organizzazione delle informazioni. Tuttavia, tutte le attività che richiedono abilità prettamente umane come la comprensione delle persone e delle situazioni, la sensibilità e l’intelligenza emotiva non possono essere delegate a una macchina. Nel nostro mestiere di consulenza aziendale e selezione dei talenti, il fattore umano è imprescindibile, ad esempio per supportare i Clienti nell’identificazione delle loro esigenze, grazie a un consolidato know-how del mercato, o per scegliere il giusto profilo non solo in termini di hard ma anche di soft skill. Queste ultime sono spesso sottovalutate, ma rivestono un’importanza fondamentale: in molti casi le persone vengono assunte per le loro competenze tecniche, ma è per la mancanza di soft skill che finiscono per non avere successo nelle organizzazioni.
L’IA trasformerà molte professioni, e la risposta a questa sfida non consisterà solo nel reskilling, ma anche nell’integrazione di nuove competenze nei percorsi formativi dei giovani. La proattività nell’apprendimento e nell’adattamento sarà fondamentale, premiando chi saprà anticipare e abbracciare il cambiamento.