Dalla competizione alla collaborazione: come sono cambiate le competenze per emergere

Come dice l’incipit di un celebre romanzo inglese, “L’età incerta” di L.P. Hartley: “Il passato è una terra straniera: fanno le cose in un altro modo, lì”. Trasporre sistemi e valori di altre epoche nel presente è un’operazione culturalmente errata in quanto gli antichi erano diversi da noi, persino nel modo di provare sentimenti ed emozioni. Conoscere il passato è utile per dotarsi di strumenti di pensiero che aiutino a riflettere meglio sul presente e sui grandi temi dell’esistenza con cui l’uomo si è confrontato in ogni epoca.

Il competitivo mondo greco

Nel corso della storia, il capitalismo ha istituzionalizzato la competizione come principio chiave del funzionamento economico. Tuttavia, essa è un elemento intrinseco della natura umana, presente in varie forme in molte culture e sistemi economici precedenti al capitalismo. Ad esempio, la civiltà greca antica era fortemente competitiva, come dimostra l’importanza di vincere ai celebri giochi olimpici in onore di Zeus: il poeta lirico Pindaro scrive che un atleta sconfitto alle Olimpiadi torna a casa per sentieri nascosti.

Anche il mondo omerico dell’Iliade e dell’Odissea è caratterizzato dall’etica del successo e dalla capacità di imporsi sugli altri, vendicandosi delle offese subite. Queste opere, risalenti ad un’epoca pre-letteraria, sono oggi considerate documenti storici a tutti gli effetti, una sorta di “enciclopedia tribale” che descrive una cultura nella sua globalità. Le storie di dei ed eroi cantate nei poemi veicolano precisi modelli di comportamento e valori, tra cui la forza fisica, il coraggio, l’abilità persuasiva, la nobiltà e la bellezza. Ciò che conta è essere “il primo e migliore tra tutti”, come dice il centauro Chirone al suo discepolo, il grande Achille. L’onore, legato all’eccellenza individuale e ancora più al riconoscimento pubblico, va difeso ad ogni costo per evitare di incorrere nel biasimo sociale.

Con la nascita delle prime città, le polis, e del mondo del diritto, i valori collaborativi si affiancano a quelli competitivi: qualche traccia di questa evoluzione è già presente nell’Odissea. Ulisse, rispetto ad Achille, presenta altre virtù, oltre a quelle tipiche dell’eroe omerico, come l’astuzia, la coscienza di autodeterminarsi e l’autocontrollo. Al suo ritorno a casa dopo la guerra, Ulisse si vendica di coloro che l’hanno tradito durante la sua assenza, ma risparmia chi gli è rimasto fedele e non è colpevole. Questo trattamento, che si distanzia dalla cieca vendetta dell’onore, anticipa nella sfera della giustizia privata i valori etici di responsabilità che diventeranno giuridici nella giustizia pubblica della polis.

L’emergere dell’approccio cooperativo

Un passaggio dall’etica della competizione a quella della collaborazione è avvenuto anche ai nostri giorni, come afferma Randall S. Peterson, professore di comportamento organizzativo e direttore del Leadership Institute presso la London Business School. Peterson sostiene che l’ideale della competizione testa a testa per avanzare di carriera è passato di moda a favore di un approccio più cooperativo. Questa evoluzione non va però letta in logica mutuamente esclusiva: le dinamiche interpersonali al lavoro possono essere di entrambi i tipi e occorre imparare a calibrarle.

La complessità, l’incertezza e la rapidità di evoluzione dello scenario attuale hanno reso indispensabili la collaborazione e la sinergia di competenze multidisciplinari per fronteggiare, con un approccio flessibile e trasversale, le sfide della trasformazione digitale e della sostenibilità verso modelli di business tecnologicamente avanzati e responsabili. In questo contesto dinamico e aperto alla contaminazione, in cui le barriere tra le industrie diventano sempre più liquide, la competizione individuale e la visione a silos trovano sempre meno spazio.

Soft skills e fiducia

Secondo una ricerca condotta da IBM (“Augmented work for an automated, AI-driven world”), nell’era dell’AI e dell’automazione, l’attenzione delle aziende si è spostata dalle competenze tecniche a quelle umane. Sul podio delle soft skill più richieste nel mondo del lavoro si posizionano: la gestione del tempo (42%), la capacità di lavorare in team (40%), l’adattabilità al cambiamento (38%) a pari merito con la comunicazione efficace (38%).

Per traguardare obiettivi condivisi, un fattore imprescindibile sia in ambito professionale che umano resta la fiducia verso tutti gli stakeholder sia interni (dipendenti) che esterni (clienti, investitori). La “Trust survey” 2024 di PwC riporta che il 93% di dirigenti e business executive concorda sul fatto che costruire e mantenere fiducia migliori i profitti. Leva strategica di collaborazione e driver di risultati economici, la fiducia si attesta come un valore centrale per crescere e creare valore sostenibile nel tempo per il business, le persone e l’ambiente.

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