Diritto alla disconnessione, l'Australia apre la strada a un maggior equilibrio tra vita e lavoro

Il diritto alla disconnessione in Australia è legge. Il tema, portato all’attenzione del pubblico durante la pandemia, inizia ad essere riconosciuto da parte di sempre più paesi che regolamentano i propri contratti adeguando le normative in merito. Questa nuova legge concede ai lavoratori dipendenti australiani il diritto di non rispondere a chiamate o email di lavoro al di fuori dell’orario d’ufficio, con l’obiettivo di stabilire un equilibrio più sano tra vita lavorativa e privata. Nel paese, la legge è entrata in vigore a partire dal 26 agosto 2024 per i dipendenti pubblici, per i soggetti privati invece l’applicazione della norma è prevista per il prossimo anno.

Gli effetti del lavoro invasivo

Il diritto alla disconnessione nasce come risposta a una tendenza crescente, in cui i lavoratori vedono il proprio tempo libero “invaso” da richieste e chiamate da parte dei datori di lavoro. La diffusione dei dispositivi digitali ha infatti eliminato i confini che un tempo limitavano le richieste lavorative al solo luogo di lavoro, con conseguenze negative come insonnia, burnout e la mancata retribuzione per le mansioni extra svolte fuori dall’orario.

Cosa regola la legge

In Australia, la norma inserita nel “Fair Work Act” non vieta ai datori di lavoro di contattare i dipendenti fuori orario, ma riconosce il diritto di non rispondere, a meno che il loro rifiuto non sia considerato irragionevole. In caso di controversie, datori di lavoro e dipendenti dovranno cercare una soluzione. Se ciò non avviene, può intervenire la Commissione Australiana per il Lavoro Equo (FWC), che può ordinare al datore di lavoro di smettere di contattare il dipendente fuori orario o, se ritiene il rifiuto del dipendente ingiustificato, obbligarlo a rispondere. Il mancato rispetto degli ordini della FWC può comportare multe fino a 19.000 dollari australiani per un dipendente o fino a 94.000 dollari australiani per un’azienda.

Per valutare la ragionevolezza di un contatto fuori orario da parte del datore di lavoro, si devono considerare vari fattori, tra cui la natura e l’urgenza, il mezzo utilizzato (come email o telefonata), l’eventuale retribuzione per il lavoro straordinario, il livello di responsabilità del dipendente e le sue circostanze personali. Tuttavia, questi parametri possono essere interpretati diversamente a seconda del contesto aziendale, spesso a sfavore del dipendente. Inoltre, esiste il dubbio sulla reale possibilità che un dipendente possa avviare una procedura di contestazione contro il datore di lavoro, data la presenza di gerarchie aziendali.

La situazione in Europa

In Europa non esiste ancora una legge che disciplina in modo chiaro il diritto alla disconnessione, dopo la pandemia però non sono mancate situazioni in cui dibattiti e casi particolari hanno portato a prendere in considerazione una nuova norma. Il 21 gennaio 2021, ad esempio, alcuni europarlamentari avanzarono un’iniziativa per integrare questo diritto all’interno della normativa europea, approvata dal Parlamento europeo con 472 voti favorevoli, 126 contrari e 83 astensioni.

Ad oggi, non è stata ancora approvata una legge definitiva e i casi di contestazioni tra dipendenti e datori di lavoro vengono disciplinati dalla Direttiva sull’orario di lavoro (Direttiva 2003/88/CE), in riferimento a una serie di diritti che si riferiscono indirettamente a questioni simili, in particolare ai periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale richiesti per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Inoltre, il diritto alla disconnessione è legato al raggiungimento di un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, un obiettivo che è stato al centro di recenti iniziative europee, tra cui il Principio 9 (“Equilibrio tra lavoro e vita privata”) e il Principio 10 (“Ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato e protezione dei dati”) del pilastro europeo dei diritti sociali, nonché della direttiva sull’equilibrio tra lavoro e vita privata, sebbene non facciano specifico riferimento al diritto alla disconnessione.

Uno sguardo all’Italia

Non essendoci una normativa comunitaria di riferimento, gli Stati membri regolano autonomamente il tema del diritto della disconnessione applicando differenti normative. L’Italia non fa quindi eccezione, con vari esempi che hanno riguardato, seppur indirettamente, la gestione di questo tema. Stando alle informazioni fornite da Adecco Group, il primo riferimento al diritto alla disconnessione è nella legge del 2017 sul lavoro agile, riferita ad accordi tra le parti per la definizione dei tempi di riposo e delle misure per assicurare la disconnessione dalle tecnologie.

Con la pandemia, la necessità di tutelare i lavoratori da remoto ha portato il Garante della Privacy, nel maggio 2020, a invocare per la prima volta questo diritto. Il decreto del 13 marzo 2021 è stato il primo a riconoscerlo esplicitamente, seguito dal Protocollo nazionale sul lavoro agile, che stabilisce la possibilità di organizzare fasce orarie e una specifica “fascia di disconnessione” per garantire il rispetto dei tempi di riposo e la salute dei lavoratori.

La nuova legge australiana ha il merito di aver aperto un importante dibattito sui rapporti lavorativi, con il potenziale di ridefinire a lungo termine le condizioni dei lavoratori. L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di far comprendere che essere sempre a disposizione del datore di lavoro, con il rischio di stress e burnout, ha un impatto negativo sulla produttività aziendale. Per i lavoratori, invece, è fondamentale abbandonare l’idea che sacrificare il proprio tempo libero per il lavoro sia un requisito indispensabile per fare carriera.

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