Donato Macario: cambiare il modo di lavorare, con un approccio mediterraneo all'innovazione

Cambiare il modo di lavorare, con un approccio mediterraneo: è questa l’attitudine con cui Donato Macario, esperto di open innovation e di wellebeing in azienda, affronta il suo lavoro. Ospite al tavolo di lavoro di GoodJob! “The talent race: atenei e aziende nella sfida del mercato internazionale”, il 10 dicembre al BINP del Politecnico di Bari, Macario per definirsi preferisce partire proprio dall’attitudine, dall’importanza di imparare a tradire la tradizione specie quando si vuole innovare, riuscendo a creare delle cesure lo status quo.

«Mi sono laureato in interior design e fondamentale è stata la consapevolezza e la scoperta nel 2011 del Service Design, del Design Thinking, realizzando che design non vuol dire solo estetica, ma vuol dire progettare e si può disegnare anche un modello di business, un’interazione medico-paziente, un servizio per la pubblica amministrazione, ma soprattutto si possono disegnare esperienze non solo per potenziali clienti ma anche progettare le vite delle persone nelle aziende facendo così vera “innovazione umana”» spiega Macario.

Fondamentale è stata la sua esperienza come startupper, in cui ha imparato molto facendo, ma soprattutto sbagliando. «Questa startup, ormai più di 10 anni fa, mi ha permesso di entrare in contatto con incubatori e percorsi di empowerment che mi hanno portato in luoghi interessantissimi come il MIT di Boston – prosegue –. Il progetto, chiamato Land2LEnd, all’epoca la prima piattaforma di crowdfunding dedicata al mondo del cibo e dell’agricoltura, è stato il mio fallimento più bello, il contesto di apprendimento più importante dove ho applicato le mie esperienze precedenti in Service Design e come esperto di studio di trend e scenari di consumo».

A proposito di trend, ce n’è uno che Macario ha in qualche modo anticipato: quello del ritorno al Sud, tendenza emersa con il Covid grazie alle possibilità inedite aperte dal lavoro da remoto, e spinta oggi anche con politiche pubbliche come il programma “Mare a Sinistra” della Regione Puglia. Nel 2018 ha lasciato Milano (dopo aver provato altri ritorni a partire dal 2012), dove era da tempo approdato, per far ritorno nella sua Puglia.

«Ho elaborato quello che definisco “approccio mediterraneo all’innovazione” che va contro la retorica della Puglia vista come California d’Italia, con la consapevolezza che dobbiamo trovare una nostra via di fare innovazione che non può guardare in maniera pedissequa quello che avviene in Silicon Valley – racconta –. Dobbiamo trovare approcci che sappiano guardare non solo alla crescita esponenziale tipica dei modelli di business in voga nelle startup digitali ma che invece sappiano guardare a modelli di business che crescono in maniera più organica e che sono quelli tipici delle pmi, ossatura portante della nostra economia e di quella mediterranea. In tutto ciò è fondamentale guardare anche l’impatto che questi business hanno sulla collettività, sulle relazioni umane e sull’ambiente».

Macario da allora collabora con incubatori ed importanti hotspot di innovazione a livello nazionale e internazionale, dove ha progettato molti programmi e master su temi che riguardano l’open Innovation, l’imprenditoria ed il lancio di startup. Un’attività che porta avanti da sei anni al CIHEAM Bari, e di recente con una collaborazione con la FAO alle Nazioni Unite: progetti in cui l’open Innovation è declinata in ottica di cooperazione internazionale, creando “ponti” con studenti, aziende, startup e centri di ricerca dell’area mediterranea e del Medio Oriente.

«Come consulente sto lavorando molto sul tema del wellbeing, del benessere organizzativo e dei nuovi modi di lavorare – racconta ancora Donato Macario – mettendo a sistema una serie di esperienze fatte nel mondo dell’innovazione. Mi piace accompagnare le aziende ad andare oltre “l’abbiamo sempre fatto così”. Un interesse vivo già dal 2016 ma che è esploso durante la pandemia, ma soprattutto dopo un incidente che mi ha portato a vedere la vita da una prospettiva differente e dove ho capito che innovazione e benessere organizzativo sono intimamente correlati».

Ma come definire un termine sfuggente come “wellbeing”? «Non è meramente welfare; non è solamente wellness; non si tratta di inserire una classe di yoga dopo lavoro o avere una palestra aziendale, ma abbraccia anche programmi di crescita, formazione, benessere mentale e soprattutto nuovi modi di lavorare – ragiona il consulente –. Oggi il wellbeing non è un optional per le aziende, ma una necessità imprescindibile. Non lo dico solo io, ma lo confermano le statistiche. Le persone non scelgono un lavoro solo per lo stipendio, ma anche per le politiche aziendali riguardanti il benessere e l’esperienza lavorativa offerta dalla fase di attraction, all’offboarding».

Per Macario «oggi il rapporto fra azienda e lavoratore sta vivendo un momento critico: le aziende fanno sempre più fatica a trovare, motivare e trattenere le persone ma, nonostante ciò, continuano ad adottare “approcci tradizionali” per affrontare questa sfida. Da un lato, infatti, i lavoratori si sentono sempre meno ingaggiati e segnalano un aumento di situazioni di malessere nel loro ambiente di lavoro, dall’altro le aziende hanno difficoltà a comprendere che il problema va affrontato in modo differente e sistemico, che le dimensioni di benessere ed engagement sono fortemente collegate all’attrattività aziendale».

A divenire strategico è dunque il fattore culturale: «Parliamo spesso di innovazione come adozione della tecnologia, ma troppo poco dell’innovazione che riguarda il modo di lavorare – aggiunge Macario -. Possiamo inquadrare il wellbeing come l’intersezione di 5 dimensioni: Benessere fisico, Benessere mentale, Benessere emozionale, Benessere lavorativo e sociale, Benessere finanziario; ciascuna di queste aree offre spunti progettuali molto stimolanti».

Come consulente Macario sta lavorando nell’applicare i principi di Design Thinking focalizzati però nel progettare le esperienze delle persone nelle aziende in ottica di Employee Experience: «Proprio qualche giorno fa ho iniziato un interessante percorso con una importante azienda pugliese – spiega –. Oggi l’Employee Experience sembra essere l’evoluzione della Customer Experience, in quanto è divenuto lampante che le organizzazioni non possono soddisfare le aspettative di interlocutori esterni come i clienti se non sono capaci di gestire al meglio la loro risorsa più preziosa che si configura con le persone che le costituiscono. Comprendere come motivare e rendere più felici i dipendenti è cruciale e vedo una grande sinergia tra Employee Experience e Wellbeing».

«La nuova geografia del lavoro – conclude Macario – dimostra che l’economia del talento, della conoscenza e dell’innovazione sta cambiando il mercato del lavoro, creando disparità geografiche non solo tra paesi diversi ma tra territori dello stesso paese. Sarà crescente la differenza di prosperità tra un luogo capace di generare innovazione e uno che non sarà in grado di farlo. La grande divergenza dipende dal potere attrattivo della polarizzazione di talento, conoscenza ed innovazione».

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