Due italiani su tre considerano attrattivo lavorare nel settore pubblico
I risultati del report annuale di FPA: nel 2022 segnali contrastanti per la PA tra ottimismo e timore. Un nuovo ruolo assegnato dal PNRR, ora la grande sfida dell’attuazione. Il sondaggio tra gli italiani: diventa più attrattiva l’esperienza professionale nel lavoro pubblico, soprattutto tra i più giovani. Il 67% dei cittadini vede benefici dalla digitalizzazione della PA. Miglioramenti percepiti soprattutto nella disponibilità e facilità di uso dei servizi online.
Un nuovo ruolo cruciale nell’attuazione del PNRR, la firma del contratto di lavoro per i dipendenti pubblici, lo sblocco e le nuove regole per i concorsi, passi avanti in tutte le piattaforme digitali. Il 2022 è stato un anno di grandi progetti e importanti novità per la Pubblica Amministrazione, anche se è ancora presto per vedere i risultati concreti di queste iniziative. Ma un effetto è già evidente: gli interventi di innovazione spinti dal PNRR hanno reso più attrattivo il settore pubblico agli occhi degli italiani, come emerge da una ricerca di opinione pubblica realizzata nel mese di gennaio da FPA, società del gruppo DIGITAL360, su un campione di oltre 500 cittadini rappresentativo della popolazione italiana.
Oltre il mito del posto fisso
Ben il 64% degli intervistati ritiene oggi la PA un datore di lavoro attrattivo: il 22% perché pensa che nell’attuale contesto la PA possa offrire un’esperienza professionale importante e il 44% per la stabilità occupazionale. Solo il 17% degli intervistati non la ritiene del tutto attrattiva. E sono in particolare i più giovani ad auspicare l’ingresso nella PA per realizzare una valida esperienza lavorativa (il 29% di chi ha 18-34 anni, contro il 17% di chi ha oltre 54 anni), più che per ricercare il classico “posto fisso”.
Gli italiani, inoltre, riconoscono i passi avanti compiuti nell’innovazione della PA. Il 67% riscontra benefici reali dalla digitalizzazione per cittadini e imprese. E considerando gli ambiti d’intervento del PNRR i principali miglioramenti sono evidenziati proprio nella disponibilità dei servizi online (che secondo il 41% dei rispondenti è migliorata nell’ultimo anno), e nella loro facilità di utilizzo (migliorata secondo il 35% del campione). Sono meno quelli che vedono una maggiore semplificazione delle procedure (26%) e un maggiore contributo al risparmio energetico (21%). Solo un italiano su 8, infine, riconosce passi avanti nelle competenze del personale pubblico e (stessa quota) nelle procedure dei concorsi pubblici.
Il lavoro pubblico
Negli ultimi mesi importanti novità hanno interessato i dipendenti pubblici. Si sono susseguite l’approvazione dei nuovi contratti del pubblico impiego, lo sblocco e digitalizzazione dei concorsi, l’emanazione delle Linee di indirizzo per i nuovi fabbisogni professionali, la creazione del portale InPA per l’accesso a tutti i concorsi, il portale e la guida alla compilazione del PIAO, il programma Capacity Italy per gli enti nell’attuazione del PNRR. Sono state modificate le norme che riformano la responsabilità dei dirigenti e dei dipendenti pubblici, tutelando la discrezionalità di chi assume decisioni; è stato costruito l’ambizioso programma di formazione “Ri-formare la PA”.
Ci sono un quadro legislativo e un progetto ben definiti, è però ancora presto per vederne i risultati concreti rispetto alle ataviche debolezze del settore pubblico fotografate dai numeri: l’età media dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici si attesta ancora intorno ai 49,9 anni; i giovani under 35 sono meno del 10%, le donne sono il 58,8%, ma nelle cariche apicali solo un terzo e tra gli incarichi direttivi solo il 28%. La spesa in formazione (dato 2020) è di circa 40 euro per dipendente. Ed è forte il disallineamento tra i titoli di studio posseduti (prevalentemente lauree in giurisprudenza/scienze giuridiche/diritto ed economia) e le professionalità richieste dal PNRR. Tracciato il percorso per il rinnovamento della PA è quindi ora il momento di lavorare sull’attuazione da parte delle amministrazioni.
Il digitale
Il 2022 ha visto importanti passi avanti nei grandi progetti per la digitalizzazione della PA, con la diffusione delle piattaforme nazionali proseguita a ritmi incessanti, grazie alle amministrazioni locali, che hanno mostrato una capacità di sfruttarne le potenzialità. L’attuazione delle misure del PNRR per la PA digitale sta coinvolgendo i territori e si afferma la centralità degli enti locali nelle strategie di digitalizzazione, ma anche la contraddizione di un attivismo che riguarda prevalentemente le amministrazioni più avanzate.
Questi i dati a fine 2022. Le identità digitali SPID sono arrivate a 33,5 milioni (erano 27,4 milioni a fine 2021), mentre le carte d’identità elettroniche (CIE) a 32,7 milioni (25,9 a fine 2021). E aumenta il numero di amministrazioni che consentono l’accesso ai servizi online: oltre 12.500 le PA attive su SPID (9.200 a fine 2021), oltre 6.200 quelle con l’autenticazione tramite CIE. È proseguita la crescita esponenziale di pagamenti digitali attraverso pagoPA, di cui nel 2022 sono state eseguite circa 332 milioni di transazioni, +103% rispetto al 2021, per oltre 61 miliardi di euro (+80% rispetto all’anno precedente). L’app IO ha oltre 32,3 milioni di download (erano 24,5 milioni a fine 2021), con più di 12.200 PA attive (contro le circa 6.900 del 2021) e 171.000 servizi disponibili (contro i 77.000 dell’anno precedente).
Enti locali e innovazione
Il 2022 ha visto un’importante accelerazione della trasformazione digitale degli enti locali. Secondo ICity Rank, il rapporto annuale di FPA sulla digitalizzazione delle città italiane, nei 108 Comuni capoluogo l’indice di copertura dei servizi on line monitorati è salito dal 67% del 2021 all’82%, quelli accessibili tramite SPID sono il 71% e le transazioni tramite pagoPA sono raddoppiate. La “copertura” di APP municipali è salita dal 57% al 66%; l’attivazione dei social dall’86% all’88%; le amministrazioni che pubblicano Open Data sono passate da 64 a 69, quelle con reti WiFi pubbliche da 104 a 105. Ma resta la penalizzazione del Mezzogiorno e delle città più piccole, con nessuna città di meno di 50mila abitanti nella fascia più elevata della graduatoria.
Transizione ecologica
La spesa annua sostenuta dalla PA per l’energia (prima dei recenti rincari) era di 9 miliardi di euro, di cui un terzo per servizi energetici integrati e due terzi per beni (combustibili, carburanti, energia elettrica). Oltre 13.000 edifici di proprietà della PA consumano ogni anno circa 4,3 TWh di energia, per una spesa complessiva di 644 milioni di euro (dati ENEA). E anche se dal 2019 tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione devono adeguarsi allo standard nZEB (nearly Energy Zero Building), gli immobili con oltre 60 anni di vita sono il 40%. In questo contesto, l’adozione delle politiche di transizione ecologica è in forte ritardo.
Secondo una recente indagine dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi, solo 1 capoluogo su 3 adotta almeno l’80% dei Criteri Ambientali Minimi per gli acquisti verdi. È in ritardo la nomina degli energy manager, avvenuta nel 2021 solo in 7 Regioni, 20 Province, 37 Comuni capoluogo, 6 Città metropolitane e 44 Comuni non capoluogo (dovrebbero essere dalle 5 alle 10 volte di più). I sistemi di gestione dell’energia certificati ISO 50001 sono poco diffusi nella PA e tanti enti si sono trovati in grande difficoltà di fronte al caro energia.
Sanità
Sulla base dei dati del Conto Annuale della Ragioneria generale dello Stato, nell’ultimo decennio gli occupati del Sistema Sanitario Nazionale sono diminuiti progressivamente, raggiungendo nel 2017 la quota minima di 647 mila dipendenti, per risalire di 23 mila unità nel quinquennio successivo (+3,5%) e arrivare a 670 mila nel 2021. Circa il 70% degli operatori sanitari e degli assistenti sociali è donna, ma solo un quarto di queste ha ruoli di leadership. La gestione decentralizzata e frammentata produce un forte gap quali-quantitativo nell’offerta sanitaria delle Regioni e in alcune è evidente la difficoltà nel compensare il ridimensionamento dei servizi ospedalieri ordinari con un rafforzamento di quelli territoriali. Le risorse del PNRR sono fondamentali per un cambio di paradigma verso un sistema sanitario più sostenibile, resiliente, inclusivo grazie ad un uso intelligente della tecnologia.
La scuola
Il PNRR è un’occasione unica per portare innovazione nella didattica e affrontare problemi cronici che ancora interessano il comparto della scuola. Solo per citare alcuni dati, è ancora forte il gap di apprendimento per cui in ben sette Regioni italiane il 50% degli adolescenti alla fine della scuola superiore non raggiunge le competenze adeguate di italiano. Resta alto il numero di NEET, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, e forte lo scollamento dal mondo del lavoro.