Mahmood, Prime Video e i videogame: Hive Division, i maghi degli effetti visivi tra i colli di Asolo
A un certo punto, nel videoclip di Inuyasha di Mahmood, si vede il cantante volare in una sorta di danza acrobatica sullo sfondo di un bosco innevato. Dietro questa scena ci sono almeno due storie che meritano di essere raccontate: una tecnologia all’avanguardia e un’azienda piccola ma ad alto tasso di innovazione, che ha sede in un casolare immerso nel verde delle colline di Asolo.
La tecnologia si chiama In-Camera VFX: il volo è girato in uno studio di posa, dove il cantante è sospeso di fronte a un grande schemo led – un videowall – su cui si muove lo sfondo, un paesaggio invernale creato digitalmente in 3d. La novità? Non è più necessario utilizzare come sfondo il green screen, da sostituire poi in post-produzione con un un’animazione. L’animazione è già lì, sullo schermo, e crea “dal vivo” l’ambientazione in cui agisce il protagonista. L’effetto è più realistico e i costi si abbattono.
«In Italia ci sono sono tre aziende in grado di utilizzare la tecnologia In-Camera VFX, e noi siamo stati i primi a uscire con una demo vera, nel 2020» racconta Giacomo Talamini, 41 anni, co-fondatore e amministratore delegato di Hive Division, l’impresa nata nel 2012 che – insieme allo spin-off Onextra creato più di recente – si è ritagliata un ruolo interessante nel panorama del video digitale italiano e internazionale. Una realtà che vive la condizione di perifericità geografica – Asolo è bella ma distante da Roma e Milano – come un valore anziché una costrizione.
Partiamo dal videoclip di Mahmood: come siete arrivati ad applicare per la prima volta l’In-Camera VFX?
È nato tutto dalle necessità di una casa di produzione di amici. Nel 2018 hanno iniziato a concepire un nuovo film molto ambizioso, ad oggi non ancora uscito, e ci hanno contattato per lavorare agli effetti digitali. Leggendo il progetto, che prevedeva molte scene complesse e piene di effetti, abbiamo pensato che l’unico modo sostenibile per realizzarlo sarebbe stato girare in un teatro di posa, usando come sfondo uno schermo 3D con immagini in movimento. L’alternativa, il classico green screen, sarebbe stata molto più costoso: ogni inquadratura deve essere prima scontornata, e poi lavorata in post-produzione per sostituire gli sfondi con contenuti di animazione. Se le scene sono centinaia i costi esplodono.
Com’è stato il passaggio dall’idea alla realizzazione?
Nel 2019 abbiamo fatto la prima sperimentazione sul campo sul set de “Il talento del calabrone” di Giacomo Cimini con Sergio Castellitto, distribuito da Amazon Prime Video. In quel caso non usavamo il 3d, ma la proiezione su schermo. Nel frattempo è uscito “The Mandalorian”, la serie dell’universo di Star Wars in cui per la prima volta è stato fatto un uso esteso della tecnica del video wall. Non ne sapevamo nulla, ma stavamo lavorando nello stesso solco. Poi è arrivato il lockdown e con Erik Caretta, socio e VFX Supervisor di Hive Division, abbiamo iniziato a sperimentare con programmi come Unreal Engine e con tecniche di 3d camera tracking. Nel luglio 2020 abbiamo fatto uscire un video su YouTube, intitolato “Bye Bye Green Screen”, in cui mostravamo le potenzialità della nuova tecnica. Il video ha fatto molte visualizzazioni, soprattutto tra gli addetti ai lavori, e siamo stati sommersi dalle richieste.
Con quel video su YouTube vi siete fatti notare.
Sì, la svolta decisiva è avvenuta quando siamo stati contattati da Francesca Feder, produttrice francese che ora è partner di Hive Division. Con lei abbiamo fondato Onextra, una nuova società specializzata nella tecnologia In-Camera VFX, nata da una joint venture con Centounopercento, studio romano specializzato in creazioni digitali per il cinema e i videogiochi, che conta su 50 sviluppatori.
Com’è cambiato negli anni il mercato in cui operate?
Hive Division è nata 10 anni fa con quattro soci – Valentina Paggiarin e Mattia Gri, oltre a me ed Erik Caretta – divenuti cinque con l’ingresso di Francesca Feder. Tutto è nato dalla nostra passione da geek, lavorando a “MGS: Philanthropy”, un film ispirato al videogioco Metal Gear Solid, da studenti. Un gioco, che poi è sfuggito di mano: il video ha fatto milioni di visualizzazioni e alcune case di produzione di videogame ci hanno affidato video di lancio di nuovi titoli. Poi tra il 2015 e il 2017 ci siamo specializzati in cinematic VR, cortometraggi che permettono allo spettatore una visione stereostopica a 360 gradi. L’interesse poi è scemato perché non è avvenuta l’adozione di massa della realtà virtuale. Negli ultimi anni ci siamo concentrati su produzioni esecutive, pubblicità, film e serie tv. Tra le tante, abbiamo lavorato per “Vita da Carlo” con Carlo Verdone, sempre per Amazon.
Quali sono i vostri numeri oggi? Avete assunto giovani?
Siamo una piccola realtà – considerando anche Onextra siamo in 14 tra dipendenti e soci, con un fatturato consolidato di 1,2 milioni di euro – ma in crescita. Il team si è allargato, almeno tre persone sono expat di ritorno, che abbiamo assunto anche grazie agli sgravi fiscali garantiti dallo stato per chi assume dall’estero.
Lavorate in un settore internazionale, anche con grandi produzioni, e avete sede in un luogo in fondo periferico, tra le colline della pedemontana veneta. Come riuscite ad essere attrattivi?
Aprire in mezzo ai vigneti di Asolo è stata una scommessa sul fatto che un giorno, grazie a internet, la distanza dalle metropoli non sarebbe più stata un problema, e che invece avremmo goduto dei benefici del minor costo della vita e del benessere che vivere qui ci garantiva. Abbiamo sempre avuto l’ideale di vivere in luogo naturale, con ritmi naturali.
Dieci anni dopo, è una scommessa vinta?
Adesso mi sento di dire di sì, ma nei primi anni non è stato per niente facile: abbiamo patito molto la marginalizzazione rispetto ai grandi centri produttivi, Milano e Roma. La situazione si è risolta prendendo ogni settimana un treno per Roma, dove è essenziale esserci per cercare i clienti sul campo, e dove Onextra ha una sede.
Come si riflette questa posizione decentrata nel clima aziendale?
Cerchiamo di mantenere per i nostri collaboratori ritmi di vita sani. Il team il sabato e la domenica sta a casa, e dopo le 19 si chiude l’ufficio. In questo settore c’è chi lavora 16 ore al giorno, specialmente per i grandi progetti i ritmi sono sfiancanti. Credo che chi viene a lavorare da noi ci scelga anche perché da noi si respira un clima diverso.
Come affrontate il tema del lavoro da remoto?
Nel mondo dei visual effect è sempre più frequente, molto del lavoro si può far da casa e attualmente 6-7 artisti della nostra squadra sono tra Roma, Milano e Londra. Ciò è anche dovuto alla grande richiesta di lavoro nel settore, che dà ai lavoratori un grande potere contrattuale. Ma non credo durerà in eterno: siamo nel pieno di quella che ha tutta l’aria di essere una “bolla dei contenuti”, con una gran massa di produzioni che si sono accumulate, anche a causa del recupero dei progetti fermati dal Covid-19. Quando la bolla scoppierà, calerà l’offerta di lavoro e probabilmente molte produzioni torneranno a pretendere una maggiore presenza in ufficio.
Cosa si può fare per rendere più semplice attrarre giovani talenti in aree periferiche come la vostra?
L’Italia sconta una serie di problemi strutturali, dall’alto costo del lavoro alla burocrazia alla giustizia lenta che tiene lontani gli investitori. Parlando del Veneto, è una regione sicuramente decentrata nel settore cinematografico, sia perché l’industria è molto sviluppata in altri settori, sia perché il cinema è visto con un po’ di sospetto, in quanto business molto romanocentrico e finanziato da fondi pubblici. In questo campo, l’unica strategia per contrastare l’attrazione di Roma e Milano è far crescere una solida industria audiovisiva locale, creando una comunità di maestranze e artisti. Qui oggi questa comunità è ancora piccola, si può prendere spunto da altre regioni, come la Puglia, dove negli anni si è fatto un buon lavoro che ora mostra i suoi frutti. Ora finalmente anche il Veneto ha una film commission regionale, guidata da una persona competente come il direttore Jacopo Chessa. Sono abbastanza ottimista.
Nella foto di copertina: Giacomo Talamini, ceo di Hive division