Il futuro del lavoro? Ha bisogno di saperi umanistici e “inutili”
Come ogni anno, PwC, network globale e integrato che offre servizi professionali alle imprese, ha presentato l’“Annual Global CEO Survey”, che raccoglie il punto di vista di 4.702 amministratori delegati di 105 Paesi, inclusa l’Italia, rispetto alle principali sfide che le organizzazioni devono affrontare nel ridisegno dei propri modelli di business per garantire la sostenibilità economica.
Cosa pensano i CEO
A livello globale, il 70% dei CEO prevede nei prossimi tre anni un cambiamento radicale dettato dall’intelligenza artificiale generativa nelle modalità di creazione del valore da parte delle imprese, mentre il 69% è convinto che l’adozione di soluzioni di IA richiederà lo sviluppo di nuove competenze.
Ad oggi, tuttavia, la carenza di competenze tra i dipendenti (52%) e la limitata capacità tecnologica (46%) si profilano come uno dei principali ostacoli al progresso aziendale. In questo scenario, la formazione multidisciplinare assume un ruolo cruciale: bisogna sviluppare l’attitudine ad imparare sempre di più e a combinare sapere tecnico, analitico e umanistico per comprendere e gestire il cambiamento.
Lo studio di Oxford
Lo studio “The massive value of the humanities” condotto dall’Università di Oxford (giugno 2023) conferma e rafforza le riflessioni in merito alla necessità di superare la contrapposizione tra cultura scientifica ed umanistica all’insegna di una cultura “politecnica”, caratterizzata dall’intreccio e dalla sintesi di diverse conoscenze per promuovere lo sviluppo.
Oltre all’importanza dell’ibridazione dei saperi, il report valorizza l’impatto positivo delle discipline umanistiche nel contesto odierno, segnato da un incessante cambiamento. Sebbene i giovani siano molto attratti dagli studi scientifici e dalle specializzazioni tecnologiche, che in effetti sono ampiamente richieste dalle aziende e aprono le porte a diverse opportunità professionali, le scienze umane consentono di sviluppare competenze competitive e indispensabili oggi, come il pensiero critico, l’abilità di sintetizzare e mettere in relazione informazioni complesse, l’empatia, l’attitudine creativa alla risoluzione dei problemi.
Il manifesto umanistico di Nuccio Ordine
Numerosi sono i punti di contatto con l’apologia delle discipline umanistiche pubblicata nel 2013 da Nuccio Ordine, storico della letteratura, saggista e critico letterario italiano. “L’utilità dell’inutile” è un vero e proprio manifesto che difende quegli studi considerati uno sfoggio erudito, privo di applicazione pratica in una società governata da logiche di mero profitto e utilitarismo.
Anticipando il dibattito contemporaneo, il professor Ordine ha saputo dipingere con grande efficacia il ruolo dei classici nel plasmare l’identità individuale e nel fornire strumenti di interpretazione della realtà. Indipendentemente dagli imperativi economici, le discipline umanistiche contribuiscono in modo determinante alla crescita e all’arricchimento del singolo e della collettività.
Adottando al contrario una prospettiva orientata alla produttività, si scopre con sorpresa che anche la coltivazione di saperi “inutili” si traduce in un’utilità tangibile: basti pensare alle sensibilità e alle intuizioni che nascono nelle menti aperte alle contaminazioni, dando vita a idee, invenzioni e scoperte che migliorano concretamente la nostra vita.
È affascinante notare che proprio oggi, nell’era dell’IA che ridefinisce molteplici settori e genera nuove opportunità, riscopriamo l’unicità delle connessioni e del valore umano. Nessuna conquista tecnologica potrà mai essere abbastanza se non sviluppiamo un’intima consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda.