In Italia vacanti 89 mila posti nel settore IT
Secondo una recente stima Assintec-Assiform in Italia ci sono 89 mila posti di lavori vacanti nel settore IT e di questi circa 57 mila rappresentano opportunità di lavoro accessibili anche per professionisti non laureati. In una situazione dove il mercato del lavoro è caratterizzato da un ampio turnover visto che, secondo il Ministero del Lavoro, lo scorso anno 2,2 milioni di persone si sono dimesse volontariamente (+14% sul 2021), il ritmo elevato dell’innovazione tecnologica sta superando le capacità delle organizzazioni di formare e migliorare le competenze dei lavoratori lasciando il 72% dei team informatici con importanti carenze, come indicato dal report Demand for tech talent.
Una situazione fotografata anche dalla ricerca di Luca Romano direttore di LAN (Local Area Network) secondo cui il 14,4% dei laureati in informatica e tecnologie ICT nelle università del Nordest trova lavoro all’estero 5 anni dopo l’ottenimento del titolo di studio. Il dato, riferito al 2021, è in crescita rispetto al 2016 quando la quota si fermava al 12,4%, e segnala una maggiore propensione alla mobilità rispetto ad altri lavori.
Sviluppatore cercasi
Assintec-Assiform evidenzia che oltre un terzo degli 89 mila posti vacanti nell’IT (circa 32 mila) fanno riferimento alla figura dello sviluppatore mentre, tra le altre figure, si ricercano: cloud specialist, enterprise architect, test specialist, data specialist e information security specialist. Una tendenza che viene confermata anche a livello europeo: sempre secondo il report Demand for tech talent, i software developer sono la seconda figura IT più ricercata dalle aziende (58%) dietro ai tecnici di information security (59%) e davanti agli specialisti del cloud (55%). Il settore IT offre ulteriori preoccupazioni ai dipartimenti risorse umane in quanto l’innovazione tecnologica si evolve di giorno in giorno ed è difficile prevedere quali talenti tecnologici possano soddisfare un’esigenza attuale ed essere rilevanti anche in futuro. In un recente sondaggio Gartner, il 73% dei direttori informatici si è dichiarato preoccupato dal logoramento delle proprie risorse IT messe sotto pressione da una situazione dove al settore informatico viene richiesto un importante impegno nella missione di crescita aziendale attraverso le potenzialità della trasformazione digitale. In questa situazione le aziende stanno optando per offrire agevolazioni come la modalità di lavoro agile, benefit e welfare aziendale che non sempre sono sufficienti per risolvere le problematiche lavorative contingenti.
La formazione per colmare il divario in Europa
Un ruolo fondamentale sarà svolto dalla formazione aziendale sia in ottica di employee engagement motivando e dando maggiore valore ai dipendenti, che in ottica di competenze hard ma soprattutto soft. Proprio sulla formazione l’Italia dovrà fare un importante lavoro di reskilling nei prossimi anni visto che il nostro Paese presenta un costante ritardo rispetto alle principali nazioni europee sul tema delle competenze digitali. Secondo una recente ricerca svolta da The European House – Ambrosetti (fonte: rapporto “Next Generation digITALY“), l’Italia dovrà formare, entro il 2026, più di due milioni di occupati con competenze digitali di base per stare al passo con le necessità del mercato lavorativo. Le competenze informatiche non sono solo un problema professionale ma riguarda anche l’intera cittadinanza nell’era della transizione digitale avviata nell’Unione europea: per centrare gli obiettivi UE del Digital Compass al 2030, l’Italia dovrà riformare con competenze digitali di base più di 20 milioni di persone. Senza dimenticare che siamo ultimi in Europa per numero d’iscritti a corsi di laurea in materia ICT in rapporto alla popolazione: 0,7 ogni mille abitanti, contro i 5,3 della Finlandia, leader in Europa.
Foto di copertina: Christina @ wocintechchat.com