Italia e futuro: perché serve una nuova generazione di leader

L’indagine condotta quest’anno da Bain & Company Italia, società di consulenza strategica, e Key2people, società specializzata in Executive Search e HR advisory, delinea una fotografia dettagliata della situazione attuale del mercato del lavoro in Italia, offrendo diversi spunti di riflessione e linee guida per supportare aziende e istituzioni a fronteggiare le sfide strutturali dei prossimi 3 anni. I dati raccolti attraverso più di 50 interviste e una survey dedicata evidenziano una correlazione tra la presenza di una leadership intergenerazionale e l’aumento di valore sia per le organizzazioni che per la nazione.

L’età media dei CEO di società quotate in Italia si attesta intorno ai 60 anni ed è in crescita, per via di una maggiore durata di copertura della carica stessa, rispetto ai 55-58 anni dei pari ruolo europei, nonostante le aziende italiane abbiano dimensioni inferiori di quelle estere.

Secondo il white paper, un maggiore contributo alla classe dirigente da parte dei giovani leader, più propensi a cogliere e sperimentare nuovi trend di sostenibilità, innovazione tecnologica, multiculturalità e internazionalizzazione, potrebbe generare un valore tra i 20 e i 40 miliardi di euro, pari a un incremento dell’1-2% del Pil italiano. In un contesto volatile e complesso segnato da un incessante cambiamento tecnologico, investire in una nuova classe manageriale, con una bilanciata coesistenza tra generazioni ai vertici, è la chiave per recuperare la capacità di innovazione e competitività del sistema Paese. Tuttavia, solo il 53% delle aziende adotta policy a favore di una leadership giovane.

Alla base dell’invecchiamento del sistema, ci sono diverse cause strutturali relative sia alla domanda, con una riduzione dello spazio di ingresso ai vertici per i giovani talenti, sia all’offerta, con un pool limitato di candidati. Alcuni tra i fattori che determinano una contrazione della domanda da parte delle aziende sono:

  • la crescita limitata del Paese;
  • il numero esiguo di alternative valide per i CEO e i senior manager in uscita;
  • il prolungamento del periodo lavorativo causato dalle riforme del sistema previdenziale;
  • l’assenza di limiti massimi di età per i ruoli apicali;
  • la centralità del network di relazioni nella scelta dei profili executive;
  • la riduzione di posizioni manageriali nelle aziende, in ottica di efficienza e ottimizzazione delle performance.

La scarsità di giovani manager è imputabile invece a fattori come:

  • il ritardato ingresso nel mondo del lavoro (circa 2-5 anni dopo la media europea);
  • la limitata job rotation;
  • la minor formazione manageriale (solo il 40% ha un titolo di studio avanzato o un MBA rispetto al 60-70% della media europea e statunitense);
  • un focus ridotto nei percorsi formativi sulle soft skill, indispensabili per ricoprire posizioni di leadership.

L’azione sinergica di imprese, università e istituzioni è cruciale per colmare questi gap e rendere possibile una nuova generazione di leader, equilibrata in termini di età e competenze. Questo impegno congiunto deve incentivare l’ascesa e la valorizzazione dei giovani, tutelando al contempo il bagaglio di esperienza dei senior.

Le istituzioni hanno la responsabilità di investire in una pianificazione lungimirante, attraverso l’attivazione di diverse leve tra cui:

  • la rimodulazione della durata dei percorsi formativi per un miglior allineamento alle esigenze di mercato;
  • politiche industriali a supporto delle imprese «under 35»;
  • sgravi fiscali per incentivare l’innovazione.

In questo processo anche le imprese giocano un ruolo fondamentale e possono contribuire tramite iniziative specifiche, come l‘introduzione di KPI (indicatori di performance) di age diversity per il Board e i livelli dirigenziali e lo sviluppo delle competenze dei dipendenti, finanziando iter formativi di eccellenza come gli MBA, strutturando percorsi di carriera dedicati e promuovendo iniziative di mentorship e knowledge-sharing tra le risorse per favorire lo scambio e la trasmissione di sapere tra senior e junior.

È necessaria una risposta di ecosistema per costruire questo nuovo paradigma integrato e inclusivo di talenti, che rappresenti un modello di ispirazione anche per gli altri Paesi.

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