La potenza creativa del linguaggio in 6 parole giapponesi intraducibili

Di fronte alla meraviglia di un tramonto che infiamma il mare o all’intensità di un sentimento capita di rimanere in silenzio, perché le parole non sarebbero abbastanza per descrivere appieno ciò che vediamo e proviamo.

Tuttavia, esistono casi in cui le parole possiedono una forza evocativa straordinaria: in particolare, nella lingua giapponese si trovano termini, di fatto intraducibili in italiano senza ricorrere a lunghe perifrasi, che riescono, con un solo vocabolo, a dipingere immagini talmente vivide da sembrare una cartolina o a tratteggiare uno stato d’animo in tutte le sue sfumature.

Il linguaggio diviene una vera e propria forma d’arte, capace di suscitare emozioni e liberare l’immaginazione. La presenza di queste parole testimonia nella cultura nipponica una profonda attenzione e sensibilità per la natura e la bellezza che ci circonda. L’osservazione del mondo, fin dai tempi antichi, è stata l’origine di grandi pensieri e di concetti potenti: i primi filosofi greci sono detti “della natura” perché proprio a partire da essa si interrogavano su quale fosse l’origine di tutte le cose. La capacità di osservazione non può prescindere dal senso di meraviglia: solo attraverso lo stupore e la contemplazione del bello è possibile esserne davvero parte.

Ecco 6 parole giapponesi intraducibili nella nostra lingua:

  • Komorebi: indica la luce del sole che filtra delicata attraverso le foglie degli alberi. In un istante, questa immagine suggestiva ci trasporta all’interno di un bosco, regalandoci quella carezza sfuggente di calore e quel gioco di luci che interrompe per un momento la frescura e l’ombra della vegetazione. Una sola parola è stata capace di immergerci in un’esperienza multisensoriale, rendendoci intensamente partecipi di ogni dettaglio.
  • Maiochiru: si riferisce al cadere al suolo lentamente, come danzando nell’aria. È una scena molto poetica, in cui riusciamo quasi a scorgere i fiori di un ciliegio, le foglie di un albero o i fiocchi di neve posarsi a terra, con soave eleganza.
  • Shoganai: è un insegnamento che libera l’uomo dal tentativo inutile di dominare ciò che non è sotto il suo controllo. Vivere con consapevolezza significa accettare ciò che non può essere evitato e per cui non c’è nulla da fare. Tale accettazione non è una pavida resa o una frustrata rassegnazione ma solo una lucida presa di coscienza per poter andare avanti.
  • Shoshin: rappresenta la mentalità del principiante, in cui l’energia e l’entusiasmo del fare si mescolano alla paura di sbagliare e all’impazienza di sapere. Essere un foglio bianco è un’attitudine fondamentale da mantenere non solo agli inizi, ma durante tutto il corso della vita, alimentando la curiosità e il continuo desiderio di apprendere e mettersi in gioco.
  • Aware: evoca una sensazione dolceamara, che oscilla tra la partecipazione emotiva al bello e la tristezza malinconica derivante dalla consapevolezza che quel momento non durerà per sempre. È il dilemma eterno di noi mortali: godere della vita, consci del suo costante mutamento e della sua ineluttabile caducità.
  • Kintsugi: l’antica arte di restauro ideata dai ceramisti giapponesi e divenuta una vera e propria filosofia di vita. Consiste nel saldare insieme i pezzi rotti di un oggetto con collante naturale misto a materiali preziosi, come la polvere d’oro che, invece di nascondere, enfatizzano le crepe, rappresentando il valore delle cicatrici nella nostra crescita personale.

Questa riflessione ha preso avvio dall’ineffabilità del linguaggio, ovvero dalla sua limitazione nel descrivere appieno certe esperienze, come quella di un tramonto meraviglioso che si specchia sul mare. La lingua giapponese è riuscita in questa impresa con una parola, che si aggiunge all’elenco come bonus: Kawaakari, l’ultimo bagliore del crepuscolo che, all’imbrunire, si riflette sull’acqua.

 

Nella foto: la pratica del kintsugi (Shutterstock)

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