Nomadi digitali: l'Elba è tra le 5 isole ideali, ma in Italia mancano ancora i visti

È un termine che ha guadagnato grande popolarità ed è diventato di tendenza, soprattutto nel mondo online. Ma chi sono veramente i nomadi digitali? Sono persone che utilizzano la tecnologia e le risorse web per lavorare e vivere in modo flessibile, spostandosi frequentemente da un luogo all’altro anziché stabilirsi in una residenza fissa. È uno stile di vita reso possibile dalla crescente connettività globale, che consente loro di svolgere il proprio lavoro ovunque vi sia una buona connessione ad internet. Rappresenta, quindi, una risposta all’evoluzione del lavoro e delle tecnologie, permettendo alle persone di combinare il lavoro con viaggi ed una modalità diversa dal classico “lavoro da ufficio”.

L’importanza di scegliere il luogo giusto

Le località preferite dai nomadi digitali non sono casuali: sono solitamente luoghi pieni di storia, cultura e tradizioni. Luoghi con ritmi meno frenetici, dove si facilita la creazione di legami con le persone e l’ambiente circostante. Dal punto di vista economico, le esigenze e le nuove tendenze nell’ambito delle abitazioni e delle interazioni sociali tra questi professionisti in movimento rappresentano un mercato innovativo con forti possibilità di sviluppo. Diversi Paesi ne hanno riconosciuto l’opportunità e da tempo si sono resi attraenti per questi lavoratori senza un luogo fisso di lavoro, tramite la creazione di visti specifici.

Per quale motivo il visto è così importante? Come riportato dal portale specializzato Freaking Nomads, lavorando all’estero è necessario essere in regola con tutti i documenti, pur mantenendo un impiego presso aziende o clienti con sede in altre parti del mondo. Il visto è un permesso che garantisce alle persone la possibilità di vivere e lavorare in un Paese straniero, senza però la necessità di richiedere la residenza o la cittadinanza. I Paesi che offrono questi visti richiedono solitamente requisiti specifici: un documento che attesti il proprio reddito, un’assicurazione sanitaria di viaggio e un contratto di lavoro valido, in modo che i lavoratori da remoto in entrata abbiano un impatto positivo sull’economia locale.

In Italia i decreti attuativi bloccano i visti

Attualmente sono 50 le nazioni che hanno istituito visti speciali e agevolazioni fiscali per i nomadi digitali. Il Secondo Rapporto sul Nomadismo Digitale in Italia, realizzato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali, mette in evidenza quanto l’Italia possieda un potenziale di attrazione notevole agli occhi dei nomadi digitali provenienti da diverse parti del mondo ma, a quanto pare, non sappia cogliere la chance.

Un emendamento al Decreto “Sostegni-ter” approvato il 28 marzo 2022, ha ufficialmente introdotto la nozione di nomade digitale, stabilendo una nuova tipologia di visto per stranieri legato al lavoro da remoto. Tuttavia, ad oggi, non sono stati pubblicati i decreti attuativi dei ministeri competenti e perciò non è stato emesso ancora nessun visto speciale per incentivare l’attrazione di questa categoria di lavoratori. Nonostante il crescente fenomeno globale del lavoro da remoto e del nomadismo digitale, in Italia manca ancora una consapevolezza delle opportunità concrete che il nomadismo può offrire. Sono opportunità che vanno oltre il settore turistico, includendo la possibilità di migliorare la vita delle lavoratori e delle aziende, favorendo lo sviluppo sostenibile e attraendo nuovi residenti, soprattutto nelle aree marginali.

Il problema della connettività

Una delle caratteristiche che influisce nella scelta del luogo di lavoro per i nomadi digitali è la presenza di una buona connessione internet. Su questo, l’Italia ha molta strada da fare. Secondo le ultime statistiche, infatti, il nostro Paese è terzultimo nell’Unione Europea per la quota di territorio coperto dalla rete fissa della banda ultra-larga con velocità pari o superiore a 1 Gigabit/s. L’Italia si colloca al 25esimo posto, facendo meglio solo di Cipro e della Grecia. La copertura è pari infatti al 44%, meno della metà della Spagna, dove è pari al 94%. Se la media UE è del 70%, le locomotive del continente sono lontane: la Francia è al 63% e la Germania al 75%.

Cinque isole ideali per lavorare da remoto

Confcommercio stima che ad agosto il 59% degli italiani sia partito per le ferie estive. Dopo la pandemia, il lavoro da remoto è diventato per molti un nuovo stile di vita e diverse aziende hanno deciso di mantenerlo. Gli italiani hanno quindi la possibilità di rimandare di qualche giorno il rientro in città, riprendendo gli impegni lavorativi direttamente dalla località di villeggiatura.

Commenta così Chiara Bassi, Country Manager Italia di Coverflex, startup di welfare aziendale: «Lavorare da remoto, anche solo per un breve periodo dell’anno, significa cambiare aria, spostando spese e abitudini (e perché no, anche anche l’uso dei benefit) verso geografie più periferiche. Avere la possibilità di farlo dopo le vacanze estive, inoltre, permette alle persone di rimandare quel senso di spaesamento e a volte di tristezza che tanti accusano di rientro dalle ferie, quando riprende la routine».

A tal proposito, Coverflex ha selezionato cinque isole ideali per lo smart-working e su scala mondiale, e tra queste una è italiana. Si tratta di Malta, Tenerife (Spagna), Madeira (Portogallo), Koh Phangan (Thailandia) e l’isola d’Elba.

Proprio l’isola nell’arcipelago toscano ha recentemente adottato delle soluzioni che l’hanno resa una meta ideale per i nomadi digitali, sia italiani che stranieri. Varie strutture come case vacanza, caffetterie o bar sulla spiaggia, sono state dotate di un’eccellente connessione ad internet. Sono sistemazioni che permettono di avere accesso a tutti i servizi essenziali in modo agevole. L’Elba, caratterizzata da dimensioni contenute e da collegamenti efficienti e frequenti, rappresenta una località ideale anche per un soggiorno di pochi giorni, grazie al clima mite e le varie opzioni che il territorio posto offre, come mare, trekking e percorsi in bici.

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