Report BCG: l’intelligenza artificiale al lavoro convince solo se si impara a usarla

L’intelligenza artificiale generativa evolve e si migliora, rendendo l’utilizzo di questa tecnologia sempre più usuale da parte delle aziende. Resa accessibile al grande pubblico tramite modelli come ChatGpt, rappresenta oggi una grande opportunità per le aziende in ottica di ottimizzazione dei processi aziendali e di miglioramento dell’efficienza dei lavoratori. Nonostante questo, molti lavoratori ancora diffidano dal renderla uno strumento di uso quotidiano, a causa del rischio che questa tecnologia finisca per automatizzare il proprio lavoro, sostituendoli.

Nel report “AI at Work: Friend and Foe” di BCG X, divisione tech di Boston Consulting Group, 13.000 dipendenti in 15 Paesi, di cui 1.000 italiani, mettono in luce opinioni, preferenze e preoccupazioni relative all’IA nel proprio sistema aziendale.

Fiducia e utilizzo dell’IA

L’analisi dei dati suggerisce come, a fronte di un maggior livello di fiducia nei confronti dell’IA, aumenti anche la percentuale di utilizzatori della stessa, raddoppiata rispetto ai dati del 2023, con il 43% degli intervistati che la utilizza a scopo lavorativo. Geograficamente, i paesi nel sud del globo presentano maggiori livelli di fiducia e di conseguenza un più largo utilizzo rispetto agli altri paesi. Al primo posto della classifica per entrambi i parametri è l’India, rispettivamente al 54% e 96%.

Completano il quadro Brasile (52%), Nigeria (51%), Sudafrica (51%) e Medio oriente (45%) con maggiore ottimismo rispetto ai rispondenti nei mercati più maturi. Leggermente diversa la classifica relativa all’impiego dell’IA negli stessi paesi, che occupano comunque le prime posizioni. Agli stati con livelli più bassi di fiducia corrispondono invece le prime posizioni relative alla preoccupazione per l’integrazione di Generative AI (GenAI). Dopo la prima posizione occupata dal Giappone (28%), seguono una maggioranza di lavoratori provenienti dai paesi europei, nettamente più allarmati per la propria posizione rispetto ai paesi al di sotto dell’equatore.

Formazione e vantaggi lavorativi

Oltre a una panoramica generale relativa agli utilizzi dell’IA, la ricerca ha approfondito gli aspetti legati all’impiego della tecnologia, con risultati interessanti relativi alla differenziazione in rapporto alla posizione gerarchica nelle aziende e all’impatto positivo dell’intelligenza artificiale nei confronti delle performance lavorative. In riferimento alle categorie di lavoratori, la segmentazione ha individuato alti tassi di utilizzo per la leadership, a capo dell’organigramma aziendale, con un tasso globale di utilizzo dell’82%. Considerevolmente più basse le percentuali di manager e dipendenti, rispettivamente al 56% e 43%, che indicano come ad oggi sia ancora difficile considerare l’IA come uno strumento capillarizzato all’interno di tutto il sistema aziendale.

A fare la differenza però è anche la conoscenza e le capacità di gestione: i leader, nonostante le differenze tra i diversi paesi, hanno percentuali relative alla formazione per l’utilizzo dell’IA a livello lavorativo nettamente superiori rispetto alle altre due categorie di lavoratori, con una media globale del 50%, inferiore rispetto ai manager (30%) e ai dipendenti (20%).

Riguardo all’utilizzo, gli intervistati dichiarano come l’intelligenza artificiale generativa per il 58% di loro risparmi almeno cinque ore a settimana, permettendo di svolgere più compiti (41%), dedicarsi a nuove attività (39%), sperimentare con le funzionalità della tecnologia (38%) o lavorare su altre attività strategiche (38%).

GenAI in Italia

In Italia, l’adozione della GenAI varia significativamente a seconda del ruolo aziendale: il 39% dei dipendenti la utilizza regolarmente, percentuale che sale al 58% tra i manager e al 76% nella leadership. Tuttavia, solo il 29% dei dipendenti ha ricevuto formazione sull’intelligenza artificiale, rispetto al 47% della leadership, evidenziando un significativo divario formativo. La maggior parte degli utilizzatori italiani della GenAI ne riconosce i benefici: l’85% risparmia tempo, il 79% aumenta la velocità nel completamento delle attività, l’83% migliora la qualità del lavoro e l’81% trova il lavoro più interessante e coinvolgente.

Nonostante questi vantaggi, le preoccupazioni per il futuro del lavoro sono elevate: il 79% crede che la GenAI trasformerà profondamente la propria occupazione nei prossimi dieci anni e il 50% teme che la propria posizione possa scomparire, una percentuale superiore alla media globale del 42%. Questi dati collocano l’Italia in una posizione intermedia rispetto ad altri mercati, con una fiducia maggiore rispetto a Stati Uniti e Giappone, ma inferiore a India e Brasile.

«Dallo studio emerge una doppia reazione alla GenAI: la familiarità con questa tecnologia è correlata alla sicurezza rispetto al suo uso, ma persiste ancora un certo diffuso timore nell’approccio ai nuovi strumenti» spiega Paola Scarpa, Managing Director e Partner di BCG. «Trattandosi di una tecnologia rivoluzionaria, queste reazioni opposte non dovrebbero sorprendere. È necessario capire e analizzare le modalità complesse di risposta e l’interazione tra persone e GenAI, per lavorare sulla massimizzazione dei punti di forza da una parte dei talenti umani e dall’altro di quelli delle macchine».

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