Senza lavoro dopo il Covid, si reinventa consulente di marketing sostenibile
«Senza la pandemia sarei rimasta a fare marketing di prodotto, il massimo che mi era concesso era prendere l’aereo, un paio di volte al mese. Intendiamoci, adoravo le trasferte e il respiro internazionale di quel lavoro, ma mancava la componente di passione etica».
Mai avere paura di una crisi, lascia intendere Caterina Boschetti, giovane professionista trevigiana che con il Covid ha perso lavoro e opportunità di carriera all’interno di una grande azienda, ma con il carattere e la determinazione per trovare una strada diversa che, dopo qualche traversia, l’ha portata a fondare un nuovo marchio. È una storia nata dalla tenacia quella di Becomeen, attraverso cui Boschetti si è reinventata consulente di green marketing.
Green Marketing, una formula magica?
Sembra una formula magica, di questi tempi. Basta aggiungere l’aggettivo ‘green’ e qualsiasi professione o attività diventa subito facile da comunicare, rispettabile per l’opinione pubblica, potenzialmente remunerativa. O, quanto meno, meglio che senza.
«La definizione corretta è marketing sostenibile», sorride divertita Boschetti. «Più semplicemente si tratta di una consulenza strategica di sostenibilità per le imprese dedicata ai temi di ambiente, welfare e comunità sociale. La sostenibilità aziendale include sei pilastri: economia, cioè la qualità finanziaria dell’impresa, qualità, sicurezza, ambiente, welfare e sociale. Io ho deciso di occuparmi esclusivamente degli ultimi tre punti, perché mi permettono di creare un percorso cucito sull’azienda».
Per capire come è arrivata a Becomeen dobbiamo riavvolgere il nastro e tornare a ben prima della pandemia. Dopo la laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità presso la IULM, Boschetti trova lavoro in aziende produttive multinazionali o internazionali basate in Veneto, «sempre in ambito marketing, che è la mia specializzazione», racconta.
«Le prime esperienze le ho fatte con INglass e con Quadrifoglio Group. Le certificazioni per ambiente, qualità e sicurezza erano una parte integrante e radicata dell’operatività quotidiana. Inoltre entrambe erano già attive sia in sponsorizzazioni sociali sia in attività di welfare dedicate ai dipendenti. C’era, insomma una spiccata e diffusa sensibilità che faceva parte della cultura aziendale. Tanto che il primo bilancio di sostenibilità lo ho affrontato nel 2014 proprio con INglass».
La pandemia fa perdere il lavoro, non la fiducia
Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, Boschetti scorge l’opportunità di un’impresa internazionale, sempre in provincia di Treviso: «le condizioni erano molto vantaggiose e le prospettive di carriera anche, quindi lasciai l’azienda con cui avevo lavorato negli ultimi tre anni e accettai di cambiare». Con lo scoppio della pandemia però le cose non vanno bene e, nell’incertezza di quei mesi, la sua assunzione viene congelata. «A metà del 2020 ero disoccupata e, lo ammetto, in parte molto disorientata. Io, che avevo lavorato dal primo giorno dopo la laurea».
La pausa forzata la costringe a riconfigurare le sue prospettive di carriera. «Ho riflettuto molto anche su cosa mi interessava davvero, credo in assonanza con milioni di altre persone nel mondo, che infatti finita l’emergenza pandemica hanno cambiato lavoro».
Senza la frenesia del quotidiano, nella mente affiorano le attività svolte nelle precedenti esperienze e le rispettive peculiarità. «Ogni impresa cerca di differenziarsi dai concorrenti, nel brand, nei prodotti, nei servizi. Perché allora, quando si tratta di sostenibilità le aziende tendono ad appiattirsi su azioni ‘confondibili’, non caratterizzanti? Allora è scattata la molla, perché la sostenibilità è diventata in questi anni uno dei parametri decisivi nell’acquisto di beni e servizi. Ho capito che bisognava renderla unica e farne un reale punto di distinzione Lo stravolgimento che il mondo stava vivendo, non solo io, ma tutti, imponeva di ragionare sui nuovi paradigmi, sulle nuove priorità che si stavano delineando a livello sociale. Tra queste quella a me più affine è stata la crescente attenzione alla sostenibilità nel lavoro, che ha come primo paradigma il benessere psico-fisico delle persone».
«La sostenibilità coinvolge le aziende in ogni ambito»
In quel periodo, continua, «ho iniziato a creare ordine nella mia testa capendo che la sostenibilità come valore mondiale e la sostenibilità come strategia aziendale andavano affrontate con una comunicazione e un approccio diversi. Essendo sempre stata all’interno di aziende internazionali, ho sempre vissuto in prima persona le dinamiche di impresa e, il dialogare con la ‘struttura’ azienda è stato lo sviluppo più naturale per il mio modo di vivere la sostenibilità. Da anni lavoravo in società già impegnate nella sostenibilità con un approccio completo di tutti e 6 i pilastri (economia, qualità, sicurezza,…) tuttavia la mia attenzione continuava a concentrarsi sugli impegni peculiari presi dalle imprese, per quelle attività che nascevano proprio per i bisogni e la sensibilità di quell’azienda specifica».
Il ragionamento è andato avanti per un po’, ricorda Boschetti. Prima di tutto però era necessario rimettersi in sesto professionalmente, cercare un lavoro e riguadagnare la fiducia ammaccata dal Covid. Con la fine dell’estate attiva un paio di consulenze esterne, a cui affianca alcuni mesi di comunicazione social per organizzazioni politiche.
Dopo un passaggio intermedio con un’agenzia di comunicazione, a metà del 2022 decide un altro cambiamento. «I ragionamenti erano maturati e mi sentivo pronta per offrire un servizio utile e soprattutto diversificato alle imprese. Come dicevo prima, gran parte delle aziende alla voce sostenibilità risponde con soluzioni standard, banalizzando, piantano alberi o, meglio, acquistano quote di organizzazioni che piantano alberi. Per questo ho iniziato ad analizzare i tre ambiti – ambiente, risorse umane e sociale – cercando di avere sempre uno sguardo non suggestionato dagli standard».
La nascita del marchio Becomeen, crasi delle parole become e green, diventa verde, è il frutto di un processo che punta a tenere insieme la dimensione etica con quelle economica e gestionale. «Sarebbe splendido se tutti iniziassero a fare attività di sostenibilità per puro impegno etico, tuttavia è altresì importante presentare alle aziende solide basi pratiche e i vantaggi dall’adozione di strategie di marketing sostenibile. Significa impegnarsi in una maggiore efficienza dell’operatività aziendale, una diminuzione del turnover di risorse umane, un clima interno più sereno e il conseguente aumento della produttività, diciamo pure della proattività, un rapporto con gli enti locali più collaborativo e così via».
Dal punto di vista pratico la consulenza è suddivisa in quattro fasi: la prima di ascolto e analisi, la seconda di studio e proposta delle le attività potenzialmente utili a implementare l’impegno verso l’ambiente, le risorse umane e la comunità sociale, la terza di selezione e attuazione delle attività specifiche e infine la rendicontazione e la redazione di un bilancio di sostenibilità.
Piantare alberi non fa male, però non è tutto
Tra le azioni messe in atto finora da Becomeen figurano attività di sostenibilità ambientale e di benessere per i dipendenti. In un caso «abbiamo fatto un programma per la compensazione delle emissioni generate da migliaia di viaggi degli agenti commerciali di un’azienda vicino a Oderzo con la piantumazione di Paulownia, un albero ad alto assorbimento di Co2. Con un altro cliente, i cui dipendenti fanno i turni anche notturni per la produzione e molti straordinari, ci siamo inventati un servizio a domicilio in azienda per la spesa poi stoccata in frigoriferi adibiti ad hoc sia per consegna e ritiro dei vestiti da lavare e stirare».
In altri casi grazie a Becomeen le aziende sono riuscite a connettersi con il territorio di riferimento, supportando l’orientamento universitario o lavorativo degli studenti di un istituto superiore, o a incentivare l’attività fisica dei dipendenti proponendo agli enti locali la realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili sicuri. A dimostrazione, conclude Boschetti, che «non c’è nulla di male a piantare alberi, ma non è l’unica soluzione possibile e non è detto che sia quella più adatta».