Settimana corta, per il 66% dei lavoratori italiani solo a parità di stipendio
Solo un lavoratore su dieci sarebbe disponibile a fare quattro giorni lavorativi con una riduzione di salario: i risultati dell’analisi del gruppo Adecco su un mercato del lavoro alla ricerca di nuovi strumenti di flessibilità.
Il mercato del lavoro nel post-pandemia continua il suo percorso di trasformazione. Se il 2022 è stato caratterizzato da fenomeni come le Grandi Dimissioni, i quitfluencer e il quiet quitting, nei primi mesi del 2023 il dibattito si è concentrato sullo strumento della settimana lavorativa di quattro giorni. La ricerca Global Workforce of The Future realizzata da Adecco evidenzia come il 66% di chi dichiara interesse verso la settimana lavorativa breve sarebbe disponibile a ridurre l’orario di lavoro solo a parità di salario e solo il 10% la accetterebbe con una decurtazione dello stipendio. Il 18%, invece, sarebbe disponibile a lavorare un’ora in più gli altri giorni pur di accorciare la settimana lavorativa. La ricerca che ha coinvolto oltre duemila persone, rileva come il 61% dei dipendenti ritenga il proprio salario insufficiente ad affrontare l’aumento dei prezzi dettato dall’inflazione.
Equilibrio tra lavoro e vita privata
La sfida del mercato del lavoro contemporaneo, in cui la discussione sulla settimana lavorativa breve trova il perfetto habitat, è infatti quella di sviluppare proposte e strumenti che mettano al centro le persone e garantiscano regimi di lavoro flessibili, offrendo ai lavoratori un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata. Proprio su questo aspetto, infatti, si gioca la capacità delle aziende di attrarre e trattenere i talenti: il 75% dei lavoratori italiani è propenso a rimanere in azienda o a sceglierne una quando viene percepito l’interesse del datore di lavoro verso il benessere del dipendente.
Settimana corta, 4 timori da affrontare
Per chi, invece, dichiara dubbi in merito alla settimana lavorati di quattro giorni, le aree problematiche sono riassumibili in 4 aspetti cardine: il 33% sospetta che comporterebbe una diminuzione dello stipendio, mentre per il 27% potrebbe comportare aumenti dei carichi di lavoro, arrivando comunque a dover lavorare fino a tarda sera o nel giorno libero; se poi per il 23% degli intervistati c’è il rischio di maggiore stress, tocca il 17% la quota di dipendenti che teme ripercussioni negative sull’avanzamento della carriera, rallentando così l’ascensore sociale.