Skills gap, Gian Luca Orefice (Autostrade): "Per raggiungere le nuove frontiere del lavoro, spieghiamo le vele delle competenze"
«La verità più alta, senza rive, è nell’assenza di terra». Scrive così, Herman Melville, in uno dei capitoli più intensi del suo capolavoro, Moby Dick. Gian Luca Orefice, Director Human Capital di Autostrade per l’Italia, cita più volte lo scrittore newyorkese per raccontare i mari solcati negli ultimi anni dal Gruppo. Acque con molte onde, alcune altissime e impossibili da governare, come il crollo del ponte Morandi nel 2018, a cui è seguito l’azzeramento totale (o quasi) dei vertici. Uno tsunami che dietro di sé ha lasciato macerie, sì, ma anche opportunità di ricostruzione.
Orefice, Autostrade per l’Italia conta oltre 9.000 collaboratrici e collaboratori, un capitale umano diversissimo per competenze, mansioni, vissuti e ambizioni. È una grande responsabilità parlare a ognuno di loro, specie per un Gruppo che negli ultimi anni ha avuto più di una sfida da affrontare. Come interpreta questo ruolo?
«L’incertezza fa parte della quotidianità e credo che possa essere la nostra forza. È il dubbio, e non la sicurezza, ad attrezzarci rispetto al futuro, a preparaci a ciò che non conosciamo. Moby Dick è per me d’esempio: il porto sicuro non è mai uno stimolo al cambiamento, ma lo è, invece, la ricerca di nuove frontiere. È fondamentale, capire quali sono le “vele” su cui possiamo fare affidamento. Nel nostro caso, sono state: i valori e competenze. I valori ci hanno aiutati a definire cosa fosse davvero importante per noi e cosa, di contro, avremmo voluto cambiare. Noi abbiamo scelto di puntare sulle competenze, coniugando le capacità di ascoltare in modo attivo a quella di guidare con autorevolezza. È un grande impegno, non solo il nostro Gruppo, ma per chiunque si occupi di HR: questa funzione, oggi, deve essere narratrice di percorsi ambiziosi e avere, al contempo, la capacità di restituire, di dare feedback, di spingere le persone al miglioramento continuo».
La frattura tra le competenze ricercate dalle aziende e quelle offerte dal mercato del lavoro non è mai stata così ampia. Come affrontate lo skills gap?
«Abbiamo definito un programma che si chiama “Autostrade del sapere”. Sono convinto che il saper apprendere e il saper fare, anche manuale, siano essenziali per ogni lavoratrice o lavoratore. Autostrade del sapere è un’iniziativa che crea valore attraverso la realizzazione di academy interne ed esterne, che attrae talenti e favorisce la ricerca e lo sviluppo. È un progetto che si dispiega attraverso le partnership con alcuni degli Atenei più prestigiosi d’Italia, dal Politecnico di Milano all’Università Federico II di Napoli. Vogliamo fare in modo che le nostre persone possano acquisire le competenze più ampie possibili, tanto che nel Gruppo siamo arrivati a pianificare 500 mila ore di formazione. Un investimento importante in termini di costi ma anche di produttività».
Ci racconta alcune di queste academy?
«Abbiamo lanciato il Master Alto Apprendistato in “Ingegneria e gestione integrata delle reti autostradali”, progettato ed erogato in partnership con il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino e la Graduate School of Management del PoliMI per rafforzare diverse aree: dal settore Engineering, con risorse specializzate nel presidio delle attività di project management, cost controlling, assistenza tecnica e specialistica nella realizzazione e manutenzione dell’infrastruttura; alle Operations con personale dedicato al presidio della viabilità; dal settore Digital & ICT, per formare esperti nella progettazione dei sistemi di digitalizzazione dei processi di operations e manutenzione dell’infrastruttura alle aree di staff, come Procurement e Health & Safety. Il percorso formativo prevede anche un contratto di apprendistato di alta formazione della durata di 24 mesi che dà la possibilità ai giovani di entrare a far parte del Gruppo.
Abbiamo avviato la Smart Infrastructures & Construction Academy, un percorso realizzato in sinergia con l’Università della Federico II e dedicato a professionisti nella filiera dell’engineering and construction, che vengono formati per l’impiego di droni 3D per le costruzioni, satelliti e fibra ottica per il monitoraggio delle infrastrutture.
Per ruoli professionali come l’assistente di cantiere, il carpentiere, il conducente di mezzi speciali, il minatore, invece, abbiamo avviato il progetto Amplia Academy, un vero e proprio “cantiere dei mestieri” pensato per anticipare i percorsi formativi dedicati a queste figure, in parte sviluppata in collaborazione con istituzioni scolastiche di II livello e con il sistema degli ITS.
Infine, ricordo il Talent Acceleration Program, un percorso che forma professionisti in grado di operare nell’ambito dell’intera filiera del Controllo e della Pianificazione aziendale, in partnership con Adecco, SDA Bocconi School of Management e Università degli Studi di Napoli Federico II. I laureati selezionati vengono assunti dal Gruppo con un contratto di apprendistato e nel corso di questo periodo, della durata di 18 mesi, seguono un percorso di job rotation tra le diverse sedi di Aspi con l’affiancamento di momenti di alta formazione accademica».
L’autostrada, da infrastruttura fisica, diventa una rete simbolica di condivisione della conoscenza…
«Esattamente. Oggi abbiamo un tessuto fisico lungo 3.000 km e l’80% delle aziende gravita lungo i nostri svincoli: siamo, a tutti gli effetti, un connettore di opportunità professionali e di produttività. Ma, al contempo, siamo consapevoli dell’innovazione a cui siamo chiamati, in termini di mobilità sostenibile, sicura e smart. E non possiamo affrontare questi cambiamenti se non abbiamo le competenze giuste per farlo. Anche per questo abbiamo un piano di assunzioni da 5.000 persone».
Riuscite a trovare i talenti di cui avete bisogno? Il talent shortage è un cruccio per molte aziende.
«Non amo ragionare per cluster di “talenti”. Sono convinto che ognuno di noi abbia del potenziale che se opportunamente stimolato possa crescere e fiorire. Per questo, investiamo tanto nella formazione. E al potenziamento delle competenze, associamo il benessere: bisogna creare ambienti che facciano sentire bene le persone quando li abitano. Andare al lavoro è una fatica, ma dobbiamo renderla sostenibile. Per questo, non solo abbiamo adottato un modello di “work everywhere” che prevede tre giorni in sede e due da remoto, preparando i manager affinché imparassero a gestire questa nuova dimensione, ma abbiamo anche lanciato un programma di wellbeing con la start-up Healthy Virtuoso che prevede diverse iniziative ad alto impatto sociale e attività di gamification. Vogliamo diffondere la cultura del “vivere sano” all’interno e all’esterno dell’azienda considerando tutte le dimensioni del benessere dalla salute fisica alla gestione dello stress alla pianificazione finanziaria e avremo come testimonial per l’avvio della community del benessere anche il campione olimpico Massimiliano Rosolino».
Queste scelte hanno un ritorno anche in termini di attrattività per le nuove generazioni?
«Certamente. E migliorano in generale il nostro modo di lavorare. In questo momento, abbiamo una diversità molto alta in azienda, in termini di età ma anche di seniority, di esperienze, di cultura, di genere, e questo è un vantaggio. Sono convinto, infatti, che la complessità possa essere risolta solo con una pluralità di punti di vista. Sono un grande sostenitore delle politiche di diversity, equity and inclusion proprio per questo: la contaminazione è essenziale. Ognuno di noi deve riuscire a portare al tavolo le persone di cui ha bisogno, partendo dal riconoscimento dei propri limiti. La collaborazione trasversale è la chiave per innovare».
La più grande innovazione all’orizzonte è l’Intelligenza Artificiale generativa. La state utilizzando?
«Credo possa essere un’opportunità assoluta, ma va prima studiata, per questo abbiamo avviato alcune sperimentazioni. Veniamo da un piano di trasformazione aziendale “Next To Innovation” con cui abbiamo investito 200 milioni di euro per digitalizzare tutti i processi con l’obiettivo di liberare il tempo delle nostre risorse. L’AI seguirà questo stesso schema ma sarà molto più invasiva. Nel reparto HR, però, per ora, credo sia ancora fondamentale l’human touch unito all’analisi dei dati. La scienza computazionale è un asset strategico».
In definitiva, cosa definisce per lei un “good job”, un “lavoro buono”?
«La generosità. Il lavoro è fatica, impegno e responsabilità. Si lavora bene quando si è umili, non autoreferenziali, quando si ha uno scopo, un purpose. Il lavoro buono è un lavoro che fa incontrare passione e curiosità, un lavoro di squadra, basato sulla relazione e sul reciproco scambio. È proprio questa unione che consente di raggiungere nuove frontiere».
Autostrade per l’Italia è ai primi posti in Europa tra i concessionari di costruzione e gestione di autostrade a pedaggio con circa 3.000 km di rete gestita in Italia. Il Gruppo conta un capitale umano da 9.473 persone, di cui 7099 uomini e 2374 donne. Nel 2024 sono previste nuove assunzioni per 300 persone. La società ha avviato un programma di Corporate Wellbeing con cui nel 2023 ha realizzato 40 eventi raggiungendo 5.000 persone tra dipendenti e familiari degli stessi.
Il Gruppo si è dotato anche di un Comitato Guida DE&I, un Comitato Bilaterale per la tutela e l’inclusione delle diversità e degli Employee Resource Group (ERG), gruppi di volontari guidati e formati dal team Human Capital DEI. Tra le iniziative definite e implementate si ricordano: l’approvazione di una Guida Parità e Inclusione di Gruppo e la definizione di una Governance DE&I, la pubblicazione del primo Bilancio di Genere, la realizzazione della prima Inclusion Week ASPI, la firma di un protocollo antimolestie e discriminazioni nel luogo di lavoro, il rinnovo della certificazione ISO 30415 Gestione del capitale umano – Diversità e Inclusione e della certificazione di parità UNI PdR 125:2022 (per le società controllate Tecne ed Amplia) e l’ottenimento del Premio Libellula per contrasto alla violenza sulle Donne e Premio Minerva per impegno nella crescita del talento femminile.