Studenti e caro affitti: la polarizzazione abitativa prepara quella lavorativa?
La protesta studentesca di questi giorni contro il costo e la scarsità di alloggi nei grandi centri universitari mi ha fatto tornare alla memoria un accostamento, generato del tutto casualmente, quanto lo può essere la lettura di due libri nello stesso periodo che, ancora più casualmente, narrano in epoche diverse, di un identico spazio di viaggio, dalla provincia profonda a Parigi.
Nel primo, da irrefrenabile cultore di Georges Simenon, “Marie la strabica”, scritto nel 1952 il viaggio riguarda due amiche d’infanzia, Marie e Sylvie, che condividono una stanza in una pensione lavorando come cameriere stagionali e, prendendosi cura una dell’altra, si inseriranno, non senza qualche tormento, nella vita della metropoli.
Il secondo libro, questo invece di una giovanissima autrice, Marion Messina, “Falsa partenza”, lo stesso scenario di viaggio, in cui dalla provincia – Grenoble – Parigi è un approdo onirico, un incatturabile desiderio. Ma il salto d’epoca è già avvenuto. Ben presto la protagonista è sopraffatta dalle disumanizzate angherie dei regolamenti comportamentali, umiliata dalle offerte di lavoro sottopagate, stremata dal pendolarismo, obbligato per i costi degli alloggi, da squalidi locali extraurbani, nel prendere il treno alle cinque di mattina per arrivare, perfettamente in divisa lavorativa, sul posto di lavoro puntuale. Falsa partenza: la protagonista non approderà mai a Parigi veramente, sarà una simil schiava al servizio della infernale macchina metropolitana.
Il pendolarismo contagia il ceto medio
A Parigi, come a Londra, New York, Milano non solo non abitano più studenti e fasce di lavoratori dei servizi, che si condannano a un pendolarismo pesantissimo per la qualità della vita, ma escono, e non da oggi, anche settori di quello che una volta era il ceto medio. Sono schizzati verso l’alto i valori immobiliari nelle metropoli più cool. Ma in altri casi, da Barcellona a Venezia, da Firenze a Berlino, è il fenomeno della trasformazione degli alloggi a solo uso turistico breve, la cosiddetta “airbizzazione” dal nome della nota piattaforma, che ha compresso il mercato delle locazioni lunghe per studio e lavoro.
La descrizione minuziosa e angosciante del caso parigino appare una critica frontale all’ottimismo di chi prevedeva che nelle metropoli globali, per ogni posto di lavoro molto ben pagato delle professioni alte del terziario, si sarebbero materializzati altri cinque posti di lavoro ben pagati nei servizi alla persona.
Tra Alpha Cities e Apocalypse Towns
Non è andata così. Il mercato del lavoro si sta polarizzando e una componente rilevante della frattura è proprio il costo dello spazio abitativo. Nella dimensione americana questa polarizzazione ha un carattere plastico che si manifesta con una limpida cesura, tra Alpha Cities, così battezzate da Richard Florida, e Apocalypse Towns, egregiamente rappresentate da un libro di Alessandro Coppola del 2012. Una cesura che, a scalare, dopo aver scisso le città, si riproduce per le città di secondo piano, al loro interno, incubando disuguaglianze sociali che si proiettano su quelle educative, del lavoro, dei redditi e delle opportunità.
La prosperità delle Alpha Cities nel caso americano sembra totalmente speculare alla desertificazione economica e sociale delle altre città, con una verticalizzazione spinta dei processi di sviluppo e la costituzione di network esclusivi tra i soli ricchi.
In Europa i fenomeni sono assimilabili nel rapporto tra Londra e il resto del Regno Unito, dove la capitale rimane, nonostante la Brexit, un attrattore formidabile di flussi di talenti nei più svariati settori, da molti Paesi, tra cui il nostro. Di Parigi e della sua vertiginosa gentrification abbiamo detto, appena lenita da un eccellente sistema di trasporto pubblico, che però espelle oltre l’ultima fermata del metrò lavoratori precari, studenti e ceto medio in affanno.
Il caso italiano: il policentrismo è un’opportunità
Un dilemma è il caso italiano, con il suo policentrismo, le maglie strette del suo tessuto urbano regionale che contrasta il trasformarsi delle periferie in enclaves ghettizzanti, il suo impressionante patrimonio di innovazioni orizzontali, che attraversano le piattaforme territoriali.
Già negli anni Settanta la Terza Italia delle piccole città e piccole imprese creò dal nulla, o dal poco, un modello di sviluppo economico e di convivenza che permise una risposta alla crisi terribile del triangolo industriale. Oggi il mondo è cambiato. Ma non siamo appesi al solo destino di Milano, la Terza Italia è evoluta in piattaforma LOVER (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) e può aiutare a costruire sentieri virtuosi tra economia e società, tra luogo di vita, di studio e di lavoro.
In copertina: la protesta degli studenti universitari contro il caro affitti, foto dalla pagina Facebook UDU – Unione degli Universitari