The talent race: atenei e aziende nella sfida del mercato internazionale
In 10 anni, dal 2012-2021, il Sud Italia ha perso oltre 525 mila residenti. La Puglia, in particolare, è tra le regioni che rischiano di cadere nella cosiddetta trappola dello sviluppo dei talenti. Sono sempre di più, infatti, le persone tra i 15 e i 39 anni che scelgono di emigrare. Una fuga che spesso non vede un ritorno. Eppure, proprio questa fase storica, a fortissima trazione digitale, può rappresentare un’opportunità da cogliere per invertire la rotta dei talenti. Per questo, GoodJob! ha fatto tappa a Bari per l’ultimo tavolo di lavoro del 2024 “The talent race: atenei e aziende nella sfida del mercato internazionale” realizzato in collaborazione con il Politecnico di Bari e BINP. Un incontro a cui hanno partecipato quindici rappresentanti del mondo del lavoro e della formazione con la moderazione di Silvia Pagliuca e Francesca Ponzecchi, per riflettere sulle strategie da mettere in campo per frenare il talent shortage.
Ripensare il ruolo delle università e delle imprese
Ad aprire il tavolo di lavoro, la ricerca presentata da Luca Romano, founder di Local Area Network, che ha evidenziato come a un anno dalla conclusione del percorso di laurea, il 91,2% delle/i laureate/i in Ingegneria industriale e dell’informazione sia occupata/o, contro il 54% di chi frequenta le classi di psicologia, dimostrando quindi la traiettoria ben definita del futuro del lavoro. L’indagine ha evidenziato anche come le/gli occupate/i all’estero a un anno dalla laurea siano l’1,7% per il Politecnico di Bari, rispetto al 7,8% dell’Università di Padova.
Un dato non necessariamente positivo e su cui bisogna lavorare, secondo il rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino perché un’esperienza internazionale arricchisce moltissimo le competenze dei giovani. «Dobbiamo attrarre talenti dall’estero e, al contempo, formare i nostri studenti affinché vadano fuori, si contaminino e poi tornino» – ha affermato Cupertino, indicando nella collaborazione con le aziende un asset strategico per contribuire ad attrarre e co-formare competenze di alto livello.
Una strada seguita dalla collaborazione con Avio Aero, con cui il Politecnico ha avviato oltre 15 anni fa un primo laboratorio pubblico-privato, creando un modello virtuoso di trasferimento tecnologico e formazione integrata. Un progetto che ha fatto scuola e a cui sono seguiti altri 15 laboratori. «Abbiamo bisogno di competenze altamente specializzate e in questo modo siamo riusciti a crearle. Inoltre, accompagniamo gli studenti e le studentesse del Politecnico anche durante le tesi di laurea, creando un filo diretto con le nuove generazioni» – ha ribadito Giuseppe Giliberti, Engineer, Controls Accessories & Marine Avio Aero società del gruppo General Electrics.
La necessità di una sinergia tra università e imprese è stata ribadita anche da Antonio Messeni Petruzzelli, presidente del CdA di BINP, l’incubatore promosso da Politecnico di Bari, partecipato da PoliBA, ANCE Bari-BAT e Confindustria Bari-BAT, sottolineando l’urgenza di promuovere una cultura imprenditoriale orientata alla crescita internazionale: «Dobbiamo favorire la creazione di imprese che non siano solo locali, ma capaci di competere e crescere a livello globale, puntando sull’innovazione. Per questo, le università devono essere multiformi. Orientamenti e kpi diversi sono fondamentali».
La formazione al centro
Questo significa anche investire sulla formazione in azienda, non solo nelle big, ma anche e soprattutto nelle PMI. Un tema su cui sta lavorando Regione Puglia, come spiegato da Antonio Lombardo, funzionario responsabile dei progetti sperimentali della Sezione Programmazione e Coordinamento (Dipartimento Politiche del lavoro, Istruzione e Formazione): «Solitamente – ha ammesso – si arriva troppo tardi su entrambi questi fronti, lavorando a valle, magari alla fine del percorso di studi. L’orientamento permanente è, invece, una priorità. Per questo stiamo creando delle comunità formative aziendali in cui la logica è far cooperare le imprese e il territorio, secondo tre tipologie: academy aziendali, comunità di filiera e comunità di rete».
Puntare sul rafforzamento delle competenze è fondamentale anche per Gaia Costantino, CEO di Women Lead, che ha ricordato come in Puglia due donne su tre non lavorino, un dato che riflette l’enorme potenziale inespresso. «Servono politiche ecosistemiche e un budget dedicato per promuovere percorsi di avvicinamento al lavoro, partendo dalle scuole fino alle donne già presenti sul territorio», ha sottolineato.
Lavorare bene e vivere bene
«Non è il talento che manca, ma le aziende capaci di valorizzarlo. Come possiamo essere attrattivi come territorio se non iniziamo a rivoluzionare il modo di lavorare delle imprese?» – è stata la provocazione di Donato Macario, esperto di wellbeing ed employee experience, talento pugliese di rientro. «È fondamentale – ha aggiunto – adottare un nuovo modello di lavoro che metta al centro il benessere mentale ed emotivo delle persone».
Un aspetto, questo, sostenuto anche da Maria Cesaria Giordano, CEO Hr coffee, che ha creato una piattaforma di social collaboration in cui tutti i/le dipendenti possono collaborare. «Sempre di più, i lavoratori e le lavoratrici di domani creeranno, collaboreranno e condivideranno. Per questo, è fondamentale creare un ambiente inclusivo: noi abbiamo redatto uno Statuto delle persone e ci siamo certificati per la parità di genere, traducendo in misure pratiche i nostri valori».
L’impresa, del resto, non è solo luogo fisico di produzione ma un organismo sociale. Un aspetto di cui le nuove generazioni sono sempre più consapevoli, come ha ricordato Marianna Carluccio di Randstad Italia: «Oggi la relazione si è invertita: sono i giovani a scegliere le aziende per cui lavorare e non il contrario. Ma spesso, le aspettative dei talenti di rientro vengono disilluse perché si trovano di fronte ad aziende legate a modelli rigidi e poco attrattivi. Non possiamo continuare a formare giovani eccellenti se poi il mercato locale non è pronto a valorizzarli», ha rilevato.
La Puglia come laboratorio di innovazione
Secondo Paola Amendola, consulente strategica di marketing, anche lei talento di rientro, è fondamentale investire sull’orientamento delle nuove generazioni e sul marketing del territorio per cambiare la percezione del sud Italia e favorire la cosiddetta “restanza”, ovvero il desiderio di restare. E proprio alla restanza, tornanza e all’arrivanza è dedicata la strategia “Mare a sinistra” presentata dall’ingegnere Daniela Manuela Di Dio, funzionaria del Dipartimento Sviluppo Economico della Regione Puglia: «Secondo l’Unione Europea, la Puglia rientra tra le regioni in cui il problema dello spopolamento è più forte. Per questo, lavoriamo sulle infrastrutture, sui servizi per la famiglia, sullo stimolo imprenditoriale prevedendo delle premialità per le aziende che riescono a riportare in regione talenti pugliesi emigrati».
Tra le testimonianze aziendali, spiccano: Pirelli, che ha scelto Bari per il suo Digital Solutions Center e che attraverso la sua presenza sta contribuendo a riportare talenti pugliesi in regione; Everywhere, startup fondata da Mariarita Costanza, che c guarda a un nuovo modo di lavorare, mette al centro il wellbeing e combatte lo spopolamento, e Roboze, scale up nata a Bari che attrae talenti internazionali grazie a un modello di innovazione aperta. «Un quinto dei nostri nuovi assunti torna in Puglia dopo esperienze all’estero e di questo ne siamo orgogliosi» – ha raccontato Andrea Tanzi, Chief People Officer di Roboze: «ma servono molte più aziende innovative per poter accelerare la crescita del territorio e la sua attrattività».