Valutare l’adoption: l'IA non può essere uguale per tutti

L’adozione dell’Intelligenza Artificiale è una sfida che le aziende non possono più rimandare. Tuttavia, introdurre l’IA senza un’analisi attenta delle necessità e senza una strategia strutturata rischia di tradursi in un boomerang, con scarsi risultati e investimenti infruttuosi. Come si può misurare l’efficacia di questo percorso?

Le risposte a queste domande, insieme a una panoramica completa dei passi da intraprendere per guidare e misurare l’adozione dell’IA in azienda, sono raccolte nel whitepaper “AI@Work” realizzato da Radical HR (scaricabile al seguente link), una guida per affrontare questa trasformazione con consapevolezza e successo.

Personalizzazione e KPI: la chiave per il successo

L’AI non può essere uguale per tutti. Ogni organizzazione ha obiettivi, culture aziendali e processi distinti che richiedono un adattamento specifico degli strumenti di AI. Individuare i KPI (Key Performance Indicators) adeguati per valutare l’adozione è cruciale, ma non semplice. Questi devono essere scelti sulla base delle caratteristiche uniche dell’organizzazione e delle iniziative messe in atto.

Tra i KPI più utili vi sono il numero di persone formate e le ore di formazione erogate, il tasso di utilizzo degli strumenti IA, il tempo richiesto dai processi coinvolti e, non meno importante, il livello di engagement degli ambassador interni. Anche il tasso di turnover può offrire indicazioni preziose: un’adozione mal gestita può alimentare insicurezze e spingere i dipendenti verso nuove opportunità.

Misurare per migliorare

Uno degli strumenti più efficaci per valutare l’adoption è la survey interna, utile per misurare sentiment, livello di consapevolezza e comprensione delle potenzialità della tecnologia tra i dipendenti. Questi dati possono evidenziare i punti critici, consentendo all’azienda di rimodulare le strategie e rispondere in maniera più mirata alle esigenze dei lavoratori.

L’adozione dell’AI è un processo a lungo termine, che non si esaurisce nell’introduzione della tecnologia. Al contrario, richiede un monitoraggio continuo per valutarne l’impatto e garantire che gli obiettivi strategici siano raggiunti. Come sottolineato da Radical HR, «siamo solo all’inizio di un lungo percorso», ogni azienda deve costruire il proprio metodo per tracciare e misurare i progressi, imparando dai successi ma anche dagli errori.

La centralità del fattore umano

In tutto questo, non bisogna dimenticare che l’IA è un mezzo, non un fine. Per sfruttarne appieno il potenziale, le persone devono restare al centro. HR ha un ruolo cruciale in questo scenario, dal coinvolgimento degli stakeholder all’ascolto dei dipendenti, fino alla formazione specifica che deve partire dall’ABC dell’IA per arrivare a competenze avanzate di gestione e valutazione critica dei risultati.

L’IA ha il potenziale per diventare un acceleratore straordinario, ma solo se le aziende sapranno evitare l’approccio “taglia unica”. Ogni passo deve essere personalizzato e ogni decisione presa con la consapevolezza che l’IA non può essere uguale per tutti. Il successo, infatti, dipenderà dalla capacità di integrare la tecnologia nel rispetto delle specificità aziendali e delle persone che la vivono ogni giorno.

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