Welfare aziendale: credito pro capite a 910 euro, cresce la percentuale di utilizzo
Un 2023 all’insegna della continuità di crescita per il welfare aziendale in Italia, soprattutto in termini di capacità di spesa, con una netta affermazione dei fringe benefit quale capitolo più usufruito dai beneficiari. Questa la prima lettura dei dati dell’Osservatorio Welfare 2024, rapporto sullo stato del welfare aziendale nel nostro Paese a cura di Edenred Italia, azienda leader del settore degli employee benefit.
Il rapporto è articolato in due macro-indagini distinte e allo stesso tempo convergenti: da un lato, un’analisi sul bacino di utenza di Edenred Italia, che complessivamente è composto da oltre 5.000 aziende e 750.000 beneficiari; dall’altro, un sondaggio a cura di BVA Doxa, che restituisce il sentiment dei lavoratori, indagato attraverso 1.508 interviste al personale di medie e grandi aziende con almeno 50 dipendenti.
La quota maggiore è nei servizi finanziari
Il dato di partenza dell’indagine Edenred riguarda il cosiddetto “credito welfare pro capite”, ovvero la disponibilità media di spesa per ciascun beneficiario, che per l’anno 2023 ammonta a 910 euro. Un valore in crescita, se paragonato agli 850 euro del 2021, e in leggero calo rispetto ai 940 euro del 2022, dato quest’ultimo influenzato dal provvedimento che a fine anno aveva innalzato il limite di spesa dei Fringe Benefit a 3.000 euro, misura poi non confermata nel 2023.
Scorporando il dato medio in base ai beneficiari, risulta che il 54% del campione ha beneficiato di un’erogazione fino a 500 euro, il 19% tra i 500 e i 1.000 euro, il 16% tra i 1.000 e i 2.000 euro, il 6% tra i 2.000 e i 3.000 euro, mentre solo il 5% supera i 3.000 euro. Operando una suddivisione per settore economico-produttivo, il welfare medio pro-capite evidenzia per il 2023 una maggior quota nei comparti dei servizi finanziari con 1.683 euro, nei servizi professionali con 1.181 euro, nel settore degli immobiliari con 1.117 euro, mentre nell’industria e nel manifatturiero, che rappresentano il campione più ampio per numero di imprese e beneficiari, la quota media è di 693 euro.
L’80% del credito viene utilizzato
Nel 2023 la percentuale di utilizzo del credito disponibile è stata dell’80%, a fronte di un residuo di credito welfare non utilizzato del 20%, valore in leggera crescita rispetto ai due anni precedenti (79,3% nel 2021 e 79,8% nel 2022). In riferimento alla composizione della spesa in welfare, prevalgono i fringe benefit con il 31,8% del totale, seguiti dall’area ricreativa con il 29,5%. Seguono i capitoli della macroarea sociale, come istruzione (19,6%), previdenza integrativa (9%), assistenza sanitaria (5%) e assistenza ai familiari (1,2%), che insieme compongono il 34,8% della spesa complessiva.
In assoluto, il principale trend di crescita riguarda le voci dei fringe benefit e dell’area ricreativa, che totalizzano il 61% della spesa e che nel 2017 valevano insieme il 27,9% (i fringe benefit, particolarmente, sono passati dal 16,2% del 2017 al 31,8% del 2023). Prendendo in esame lo stesso arco temporale, si rileva anche una tendenza al contrario, ovvero la riduzione della spesa per l’istruzione, passata dal 31,1% del 2017 con un picco del 33,8% nel 2019 – al 19,6% del 2023. Per semplicità è possibile raggruppare i consumi in un terzo fringe benefit, un terzo viaggi e un terzo sociale.
Buono pasto e piano welfare sempre più irrinunciabili
Passando alle novità emerse dal sondaggio di BVA Doxa, il 42% dei dipendenti intervistati dichiara che la propria azienda ha adottato un piano di welfare strutturato, contro il 46% che invece non lo ha previsto. La percentuale di coloro che hanno un piano di welfare sale al 53% tra le aziende con oltre mille dipendenti (soprattutto multinazionali), collocate nelle regioni del Nord Italia (46%), nel settore privato (51%). Il 41% dei dipendenti, in particolare, dichiara di ricevere i buoni pasto (per un valore medio di poco inferiore ai 7 euro), che anche nel 2024 si conferma in assoluto il benefit più erogato dalle aziende, seguito dai servizi per la salute (31%) e da convenzioni e scontistiche (25%).
Proprio il buono pasto, d’altra parte, riveste un ruolo fondamentale nella soddisfazione e nel benessere delle persone. Il 75% degli intervistati considera molto valido lo strumento dell’incentivazione per incrementare e favorire l’employee engagement e oltre il 52% indica nei buoni pasto un’importante funzione in tal senso. Questo ne fa, per 7 intervistati su 10, un benefit irrinunciabile nella scelta del lavoro di domani, al fianco di un piano di welfare più vantaggioso, considerata un’opportunità molto allettante per il 68% del campione.
Sempre un dipendente su due, infine, ritiene i buono pasto il benefit più utile per le proprie esigenze, seguiti dai buoni benzina (41%) e dai servizi per la salute (38%), in particolare come strumento di integrazione al reddito: tra i fattori di preoccupazione che maggiormente impensieriscono gli italiani, infatti, figurano due tematiche legate al costo della vita, ovvero il timore dell’inflazione, condiviso da 67% degli intervistati, e l’aumento dei costi dell’energia, espresso dal 48%.
Un antidoto al burn out?
Più ingaggiati e motivati, secondo il sondaggio BVA Doxa, i dipendenti che fruiscono di piani di welfare segnalano un elevato benessere lavorativo ed emotivo e si sentono responsabilizzati e apprezzati. Il 62% indica nel sentirsi responsabilizzato il valore più importante, seguito dal sentirsi apprezzato (52%) e coinvolto (51%). Il 76% del campione dichiara di aver provato almeno un sintomo attribuibile al burnout. Il 68% dei dipendenti ritiene molto rilevante l’impatto della condizione lavorativa sul benessere mentale e psicologico, percentuale cresce all’87% tra coloro che hanno un elevato benessere lavorativo, al 71% tra la Generazione X.